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Recensione : Inutili – A Love Supreme

Inutili "A Love Supreme" : nebbioso, solitario, suoni rarefatti, strutture irregolari, più tenebra che luce, un viaggio in luoghi che si credeva di conoscere ed invece, forse, neanche esistono.

Inutili – A Love Supreme


Io non so se vi drogate e, se vi drogate, non so quanto vi droghiate. Io per esempio non mi drogo e non mi drogo perché non ne ho bisogno (o mi illudo di non averne), però non disprezzo chi lo fa perché alla fine ci può stare.

Un disco così è fatto da dei drogati per essere ascoltato da dei drogati? Anche questo non lo so ma, sta di fatto, che le sue trame sonore, gestite sui parametri dettati dalla più sana improvvisazione (A Love Supreme è un tributo palese e totale al disco omonimo di John Coltrane? Anche questo non lo so), mi fanno pensare a quanto di più mesmerico, ipnotico, occulto, psicotropo, si possa, ad ogni buon conto, trovare nei paraggi.

Vi sto quindi consigliando di ascoltarlo per iniziare a drogarvi o di ascoltarlo mentre lo fate? Delle due, nemmeno una:

tutt’ al più, al di là del vostro rapporto con le sostanze, vi propongo di drogarvi solo con questo disco, e non, si badi bene, per una mera questione etica, del tipo “di si alla musica, dì no alla droga, dì boh alla vita”, ma giusto così, per sperimentare se fa o non fa; se riesce cioè a proiettarvi oltre la dimensione del semplice ascolto e divenire un’ esperienza che coinvolge anche gli altri 5 sensi.

Con me ha funzionato: una nebbiosa ed umida nottata in provincia, solo, per strade vuote, illuminazione pubblica ad intervalli irregolari, un volto ogni tanto, sconosciuto, stanco ed avvilito dopo una giornata di lavoro, totalmente disinteressato a chi aveva di fronte.

Il disco è proprio questo: nebbioso, solitario, suoni rarefatti, strutture irregolari, più tenebra che luce, un viaggio in luoghi che si credeva di conoscere ed invece, forse, neanche esistono.

Ogni tanto, dal miasma sonoro emergono riferimenti Garage, Kraut, Jazz e psichedelici, ma son giusto attimi e gli attimi non lasciano mai nulla di definito, figuriamoci di definitivo.

La volontà è proprio quella di ipnotizzare e mandare chi ascolta a perdersi nella ricerca di un appiglio, un rifugio, ed invece ci si ritrova a chiedersi cosa si stia ascoltando e, nel fare questo, l’ attenzione (ma anche la tensione) aumenta e sorge spontaneo il dubbio che in realtà sia solo il suono dei nostri peggiori timori, le nostre ansie e la nostra intima fragilità ad essere qui esposto e riprodotto.


Nell’ efferata ricerca di uno sbocco, di una soluzione, di una forma, gli Inutili riescono a sfuggire ad ogni possibile termine di paragone.


Questa recensione non può e non deve essere presa come definitiva: questo è un disco che va assecondato con ascolti ripetuti e continui poiché non è affatto semplice; gridare al capolavoro, chiamare in causa un possibile inizio di una nuova stagione musicale, sarebbe voler categorizzare e quindi archiviare quello che, per il momento, non può essere archiviato. Renderlo innocuo, dandogli un nome, sarebbe un crimine di cui non mi voglio macchiare.


Posso solo dirvi che è uno stimolo utile, uno sprone intelligente e, nella sua volontà di essere indefinibile, un qualcosa da affrontare con un’ opportuna corazza fino al punto di rinunciarci e lasciarsi ferire per imparare. È il metodo qui che la fa da padrone, non certo il bel pezzo o la bella armonia.


Dopo un disco come il precedente New Sex Society, per certi versi molto più concreto e compatto, nessuno avrebbe mai potuto aspettarsi un ritorno così ferino alle origini del gruppo, più dettate dall’ improvvisazione di insieme; talmente ferino da sembrare ancora più selvatico, nei suoi slanci e nelle sue fughe, rispetto al passato.


Contrariamente a quello che è il normale percorso di un gruppo, il quinto disco degli Inutili non segna una normalizzazione o un attestarsi su formule prima conquistate e adesso acquisite, ma si rimette in gioco e pare voler ripartire da zero, forte solo di una maggiore consapevolezza, non di scrittura, ma nel gestire l’insieme di fronte a sconosciute avventure soniche.

Non è da tutti, non è per tutti, ma tutti lo dovremmo ascoltare perché, ad ogni buon conto, la lezione qui è piuttosto chiara: la musica non è mai un dato acquisito e non è mai da dare per scontata. La musica è libertà.

 

Inutili – A Love Supreme

Tracklist

1.  I’m On A Plane 02:55
2. Queen Crimson 12:35
3. Walking On Your Lips 03:32
4. DADADA 04:44
5. A Love Supreme 15:34

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