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Recensione : Do What You Want – La Storia Dei Bad Religion

Tra le 424 pagine che compongono la biografia della band californiana, il passaggio che mi è più rimasto impresso è questo

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Do What You Want – La Storia Dei Bad Religion

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Tra le 424 pagine che compongono la biografia della band californiana, il passaggio che mi è più rimasto impresso è questo:

Loro non sapevano leggere quelle lingue straniere ed erano convinti che, di riflesso, gli ascoltatori oltreoceano non capissero i loro testi, ma con il logo era tutto un altro paio di maniche. Il padre di Brett ricorda che una rivista italiana di musica mise il crossbuster in copertina.”

 

Mi colpisce prima di tutto perché lascia intendere una certa sorpresa nel successo del crossbuster nel nostro paese,  quando invece il paese che ospita il vaticano e dove il catechismo è considerato tappa obbligatoria nella formazione dell’individuo, a me sembra perfetto per avere diversi tipi di riscontro.

Grag e Brett non possono immaginare cosa voglia dire indossare una maglia con il con il loro logo in un paesino di provincia popolato da giovani ignoranti discotecari e attempati incolti, per la maggior parte bigotti…ma molti di noi si.

E credo che sia questo uno dei motivi per cui, anche tra i nostri confini, hanno avuto molto successo sin da subito.

 

La misura di questo successo e dell’affetto provato per i Bad Religion dal nostro paese,  è rappresentata nell’apertura dell’edizione italiana, dove, oltre alla prefazione firmata Andrea Rock , i fan nostrani hanno avuto  occasione di lasciare impressi  messaggi e ricordi legati alla band attraverso un contest , dove  ne sono stati selezionati  40.

Questa è una delle principali differenze dell’edizione italiana, che è stata rimaneggiata  sia nella grafica che nell’impostazione dei contenuti.

Proprio nel rimaneggiare i contenuti, la scelta di inserire le dichiarazioni dei vari membri  che negli anni hanno attraversato la line up della band ,con trafiletti in prima persona, rende la lettura veramente scorrevole e veloce nonostante la relativa corposità del libro.

Corposità relativa appunto, perché anche se la biografia ci riesce bene,  riassumere in un volume l’intera carriera quarantennale della band, dai loro esordi adolescenziali un po’ da outsiders della scena  di Los Angeles , fino a diventare l’icona del punk rock di oggi, non è un’impresa facile, infatti anche se capisco che probabilmente ci sarebbero volute altre 400 pagine, a mio avviso, mancano un po’ aneddoti più leggeri,  non strettamente legati alla musica.

Al contrario di quello che si potrebbe pensare non c’è molto spazio al pensiero politico, se non in parti dove un album è ispirato esclusivamente a quest’ultima,  la narrazione infatti ripercorre la carriera album dopo album, attraverso le voci di componenti, ed ex componenti, seguendo le  loro vicende personali , senza risparmiare il rapporto con alcol e droghe, e come band, motivando e spiegando le dinamiche di ogni disco anche quelle più controverse, che segnano passaggi che non gli hanno risparmiato critiche dal pubblico.

Vi consiglio, se avete voglia, di ascoltarvi in contemporanea  la loro discografia.

Avrete una visione completa delle evoluzioni che li hanno portati ad un determinato sound in quel momento, o all’essere legati ad una canzone in particolare.

Probabilmente, se siete dei fan accaniti della band, non so dirvi se troverete grosse novità, anche perché dopo 40anni di carriera anche dalle pagine del libro si capisce che per loro negli anni si è sviluppato un vero culto.

 

Per darvi un idea, a me il libro è piaciuto molto,  non sono mai stato un fan sfegatato della band, conosco molte delle loro canzoni più famose, The empire strikes first all’epoca lo considerai un capolavoro, ma non ho mai avuto una vera ossessione.

Spesso ho sentito dire che “oggi” (e per oggi intendo una quindicina di  anni fa) è inutile ascoltarli perché il loro apice è passato da un pezzo.

Probabilmente in molti avranno avuto lo stesso approccio, scoprendoli in un determinato momento, apprezzandone il sound e consegnandoli a quel tempo.

Non credo che sia una colpa, con una carriera così vasta è difficile restare aggiornati negli anni a tutte le uscite e conoscere tutte le loro canzoni,(e …immaginate di DOVERLE conoscere per decidere una scaletta) anzi penso sia piuttosto normale che in molti abbiano questo approccio e questo libro è una bella occasione per  farsi un’idea di tutta la loro carriera.
(Ad esempio adesso Do the paranoid style è entrata dritta tra le mie canzoni preferite.)

 

Per chiudere vorrei dire una banalità, forse suonerà un po’ forzata, non sò…prendetela come volete.
In questo periodo in cui di concerti non se ne possono vedere, meno che mai di band con questo calibro che suonano quasi esclusivamente in festival da migliaia di persone, un racconto come questo in un certo senso ti riporta in un’atmosfera o a qualche ricordo di situazioni che per adesso purtroppo non possiamo vivere.

Una piccola è pausa dall’ansia di questo periodo difficile, aggiungiamoci che questo (come molti  testi simili )è reso possibile dalla passione di una casa editrice indipendente

Madkime ha voluto dire la sua, con questa bella illustrazione.

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