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Recensione : A Toys Orchestra – Cuckoo Boohoo

A Toys Orchestra - Cuckoo Boohoo: Ebbravi.Mi capitò, se non sbaglio, di ascoltare il loro primo lavoro circa due anni fa a casa di un amico e non mi fece ...

A Toys Orchestra – Cuckoo Boohoo

Ebbravi.Mi capitò, se non sbaglio, di ascoltare il loro primo lavoro circa due anni fa a casa di un amico e non mi fece impazzire nonostante la loro proposta non fosse lontana dalle cose che ascolto: un Lo-Fi di derivazione Pavement e Sebadoh, per altro gradevole, ma privo del fattore discriminante che permette ad un gruppo di arrivare ad un vero e proprio sound.Il disco che sto ascoltando proprio ora mentre scrivo è tutta un’ altra storia.Innanzi tutto c’è da dire che nel periodo tra il precedente e ” Cuckoo Boohoo”, la formazione campana si è allargata acquistando Fausto Ferrara, che si occupa del pianoforte, del synth e degli arrangiamenti elettronici.Non so se sia stata questa la molla che ha fatto progredire l’ anatomia del suono degli .A Toys Orchestra, ma sicuramente ne ha valorizzato certi aspetti.L’ album è molto variegato, non ossidato su schemi troppo rigidi, ed è questa la forza dei cinque: riescono a creare un connubio di sonorità apparentemente lontane, facendo si che ballate di puro stampo Beatlesiano fungano da aperture per momenti più elettronici, non onnipresenti, ma che escono fuori quando se ne sente il bisogno. E’ un disco, se vogliamo, emotivamente molto suggestivo, che tende ad essere equilibrato nella sua struttura nonostante non ci siano appunto schemi.La traccia numero nove, Panic Attack #2 ( tra le mie preferite), sfiora lirismi propri dei Blonde Redhead, dei quali gli echi all’ interno dell’ album sono evidenti.Il singolo Peter Pan Sindrome ( almeno credo lo sia, in quanto nel cd vi è un videoclip per altro molto carino), ha un finale a dir poco azzeccato, giunto dall’ elaborazione ben calibrata tra pianoforte e voce, che sfocia in aperture di chitarre che mi ricordano sonorità molto inglesi primi ’90.La miscela sonora è completamente avvolgente, tocca le corde più appropriate, e non si avverte disturbo se l’ eclettismo della band si traduce in brani dalla calda malinconia evocativa creata anche solo da piano e voce ( Elephant Man sarebbe potuta essere una b- side di Maximilian Hecker!!) siano seguiti da Modern Lucky Man, di pura inflessione Sonic Youth.Potrei perdermi nell’ andare avanti con gli elogi ma credo sia più utile sottolineare magari, qualche pecca, anzi una in generale: l’ autocompiacimento.A tratti se ne sente leggermente puzza, ma questo non va comunque ad intaccare né la forma né la sostanza dell’ opera. Fossi un insegnante delle superiori e dovessi valutarli in scala 0/10, sarebbe un bel 8+.

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