Heavy psych e fuzz dalla profonda provincia savonese, gothic doom molto intenso e potente, e per chiudere fresh metal dalla Germania.
GODZILLA WAS TOO DRUNK TO DESTROY
“Sideral voivod” su Octopus Rising è il nuovo disco dei Godzilla Was Too Drunk To Destroy. Il gruppo proviene dalla provincia ligure più profonda, dal paese di Calice Ligure, fanno molto rumore e sono una forza sia in studio che sul palco.
Il trio è formato da Nicola Viola alla batteria, Alessandro “Camu” Camurati alla chitarra e Sara De Luca aka Evil Lorda al basso e voce. La lor o musica è distorta, abrasiva ed incendiaria, un caos di heavy psych e fuzz, stoner, un qualcosa del punk più distorto in quota Dwarves. Il disco ha un sapore antico, distilla rabbia in purezza, è un film in bianco e nero che prende forma ed è un sasquatch, uno yeti, una strega o anche un navicella interstellare persa negli eoni del buio più profondo.
Le soluzioni sonore dei Godzilla Was Too Drunk To Destroy sono tante e sempre belle, si passa dai Fu Manchu ai Kyuss che suonando insieme ai Dead Kennedys, gli Mc5 che fanno capolino in provincia e diventano ancora più cattivi e acidi, il tutto con un’intensità davvero rara e che non cede di un decible per tutta la lunghezza del disco. Il gruppo ha anche sviluppato una bella e solida amicizia con i giapponesi Hebi Katana, con i quali condividono molte cose, a partire dalla concezione della musica e dell’alto numero di deicbel con il quale suonarla. “Sideral voivod” è un disco che spicca su tantissimi altri per l’energia che lo pervade, per la musica veloce, cattiva e abrasiva che contiene e per il grande divertimento e coinvolgimento che provoca.
Ascoltare questo disco è un tornare indietro ai tempi nei quali la furia diventava acida e moltiplicava i suoi effetti, qui la musica ha ancora uno spazio fisico, ha un suo volume ed un suo peso specifico, alzate il volume per coglierlo meglio. Inoltre è molto consigliato vederli dal vivo perché incendiamo il palcoscenico.
HARVEST
Gothic doom e funeral doom di alta qualità per gli italiani Harvest con il loro debutto discografico “For The Souls We Have Lost” su Octopus Rising. Gli Harvest fanno un gothic death doom con momenti di funeral doom in maniera molto introspettiva e intima, le loro melodie scatenano emozioni e la loro pesantezza è un modo per farci vedere altre prospettive della vita.
Il disco è stato scritto partendo dalla visione della vita di un uomo che si è allontanato dalla società per stare da solo, abbassare i ritmi e cercare una pace molto agognata, ma che in realtà non riuscirà mai a trovare, perché il vero viaggio è la ricerca, unico senso di questa nostra vita, unica maniera di gestire il dolore.
La musica degli Harvest è una meditazione messa in musica, ha una sensibilità altissima ed una dolcezza che si esprime attraverso la durezza, che sarebbe il suo naturale contraltare, mentre qui si fondono alla perfezione.
Il suono del gruppo è debitore dei maestri inglesi del gothic doom, ma la loro formula è molto personale e potente, una via per raggiungere un altro stadio dei nostri pensieri. Nati come collaborazione iniziale fra il batterista Omar e il chitarrista Fabio, è arrivata presto al basso Elisa, poi Matteo alla seconda chitarra e tastiere per poi completare la formazione con il cantante Emanuele. Il risultato è un grande disco d’esordio, un senso gotico e romantico del doom più lento ed incisivo, con molti intarsi classici e sinfonici come nella bellissima “Shining moon” giusto per citare una traccia, ma sono tutte bellissime.
Il disco infatti vive di canzoni che vanno a formare un organismo vivente e molto particolare, un percorso iniziatico attraverso una musica che parla al cuore e al cervello, e che non vuole intrattenere ma accompagnare nel dolore e nelle difficoltà di tutti i giorni diventando arte, quel gradino superiore che sublima e che non pensa a null’altro che ad essere. Gli Harvest si inseriscono molto bene nella tradizione gothic doom italiana e fanno un disco che è la perfetta rappresentazione di un sentire che diventa musica umana nella forma più alta e nobile.
Un lavoro che ha tantissimi pregi ed una composizione che riserva sempre sorprese ed un suono magnifico, il migliore omaggio possibile a tutte le anime che abbiamo perso, inclusa la nostra.
THE PROPHECY 23
In questi tempi così difficili il nuovo disco dei The Prophecy 23 “Mosh o clock” su Massacre Records potrebbe dare molte più risposte che la politica. Dopo il ragguardevole successo di “Fresh metal” il gruppo tedesco arriva alla seconda prova che è ancora più devastante del primo disco. Lo stile musicale dei The Prophecy 23 miscela thrash metal, crossver, e riferimenti importanti all’hardocre punk.
Il mondo die The Prophecy 23 è tutto dentro questo disco, che parla di musica veloce, divertimento, antifascismo e comunità. E proprio una parte della loro comunità di ascoltatori ha scelto i tredici pezzi da mettere dentro l’album, durante un festa in cui sono stati fatti ascoltare ai fans venti brani inoltre, alcuni fans hanno potuto fare i cori nella programmatica “Mosh o clock”.
Il risultato è un disco adrenalinico, senza un momento di stanca, diretto, pieno ed incendiario. I The Prophecy 23 puntano ad essere un’estensione sul palco di chi sta invece sotto al palco a sudare e cantare con loro.
Questo disco rimanda al periodo dorato del crossover thrash, ma è più corretto definirlo fresh metal come fanno loro, perché ingloba moltissime istanze da tanti tipi differenti di metal. Troviamo anche un impegno politico semplice ma concreto, ovvero la lotta contro il fascismo in “Fresh metal againsta fascism”, per chiarire il lato della barricata. L’ascolto del disco è molto piacevole, i brani sono sempre variegati tenendo sempre presente la vibrazione fresh metal di fondo, il suono è curato benissimo da Kai Stahlenberg ai Kohlekeller Studios dove ottimi gruppi tedeschi hanno inciso, e tutto è finalizzato a scatenare il mosh sotto al palco, che è la missione suprema dei The Prophecy 23.
Riffs veloci, ritmica possente, voce sia in chiaro che in growl con testi mai banali. Un lavoro così è energia allo stato puro per chi ama la velocità e la sinuosità del crossover metal che qui diventa fresh metal e fa dei The Prophecy 23 un gruppo unico e da ascoltare assolutamente.










