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Recensione : The Jackets – Queen Of The Pill

Il trio non si inspira al garage, ma lo possiede. Ciò fa si che risultino eccitanti, dinamici, rumorosi, divertenti e che producano dipendenza sonora alle orecchie di noi ascoltatori.

The Jackets – Queen Of The Pill

Dimenticatevi del cioccolato, del formaggio emmental, degli orologi a cucù e delle leggende sulla legalizzazione dell’erba per i residenti (leggende perché qui, nello stivale, anche quella light tra poco sarà prestamente dimenticata grazie a un tale ministraccio degli interni). La svizzera acquisisce sempre più importanza anche grazie alla sua produzione musicale, capitanata dalla Voodoo Rhythm Records.

L’etichetta, nata nel ’92 grazie al giovane Beat Zeller, più noto come reverend beat-man, vanta ottime produzione, tra cui i nostrani Sloks e The Devils (vi consiglio caldamente uno sguardo al loro catalogo).

Altro colpaccio dell’etichetta è questo nuovo album dei The Jackets, Queen of the Pill. Ricordo di averli visti qualche anno fa al Cosmic Trip Festival; ne rimasi da subito affascinato, non solo per il loro look stravagante (ritratto nella copertina di questo Lp), ma per la pura energia che buttavano a secchiate da quel palco.

Il trio, composto dall’esplosiva Jackie Brutsche (chitarra e voce principale), da Chris Rosales (batteria e seconda voce) e da Samuel Schmidiger (basso e seconda voce), porteranno in giro per l’europa, purtoppo non sono ancora previste date qui in Italia, il loro quarto Album, che uscirà il 14 Giugno; anche se voci di corridoio rivelano che qualche copia venga già spacciata ai loro live.

Il trio non si inspira al garage, ma lo possiede. Ciò fa si che risultino eccitanti, dinamici, rumorosi, divertenti e che producano dipendenza sonora alle orecchie di noi ascoltatori.
L’album, composto da 10 tracce, si apre con Dreamer, dove da subito il fuzz e la voce di Jackie, che ci accompagneranno per tutto l’ascolto, ci catapultano nel mondo dei Jackets.

Segue What about you che grazie all’intro di batteria e il ritornello eleggo come pezzo preferito del lato A, ma non pensate che sia già la fine…la band non molla nemmeno un colpo e a dimostrarlo ci sono i due brani seguenti, Steam Queen e Move on. Nella prima il gruppo crea un varco temporale che connette i sixties con il ventunesimo secolo; la seconda, grazie al giro di basso, oltre che al riff della chitarra, è un puro invito…Move on. Il primo lato si chiude con Don’t leave me alone, elogio alla distorsione misto a una profonda richiesta d’amore.

Il B side si apre con Queen of the Pill, dalle tinte più oscure, venate di rock’n’roll (che ovviamente è presente anche nel DNA della band), come oscura è anche la più lenta Floating Alice, condita con un riff di chitarra riverberata . Se ci hanno dato qualche secondo per respirare Loser’s Lullaby, garage-punk allo stato puro, di cui si può trovare anche un fantastico video su Youtube, non a caso girato in un garage, ci lancia addosso tutta la loro energia, come anche Deeper way.

L’ultima traccia, Be Myself (già presente in un 7″ insieme a Queen of The Pill, uscito sempre per la Voodoo Rhythm) è un pezzo esplosivo, come altrimenti non sarebbe potuto essere per chiudere questo album dinamitico… una bomba è forse l’unica cosa che può aiutarvi per far smettere di girare questo album sul piatto, o per ascoltarlo ancora meglio.

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