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Recensione : L’elettronica Dei Low: In Bilico Tra Due Polarità

L’elettronica Dei Low: In Bilico Tra Due Polarità:

Low

L’elettronica Dei Low: In Bilico Tra Due Polarità

Low; Mimi Parker (a sinistra) e Alan Sparhawk (a destra). Foto di Nathan Keay.

L’ultimo percorso dei Low (la cui formazione più recente è composta dai membri storici Alan Sparhawk alla voce e chitarra, e Mimi Parker, la quale canta e suona un set minimale di batteria), con gli album Double Negative (pubblicato nel 2018) e HEY WHAT (2021), si è esplicato all’insegna di un’elettronica fervida, originale, in particolar modo rumorista che rimanda a sbocchi creativi in senso indirettamente breakcore (in maniera più essenziale), nel quale per di giunta ha subìto l’influenza di un suono tra canti gospel/soul e ritmo morfico appreso dal passato slowcore (in particolar modo degli anni ’90, in cui il loro storico album I Could Live In Hope, del 1994); sembra infatti che al duo, in questo periodo più recente, la matrice più generalmente “alternative rock” non possa essere etichettata alla nuova poetica, in cui un magma di distorsioni, di glitch accumulati dall’andamento ellittico, che fanno da contorno a canti pop-spirituali, e morbide linee di chitarre terrene, manifestano non solo qualcosa di nuovo, ma l’elaborazione del clima politico e della depressione di Sparhawk.

Double Negative (Sub Pop, 2018).

In Double Negative, l’album nel senso citato più oscuro e in bilico tra due polarità, si palesa l’atmosfera aliena e paradossale che permea il contesto statunitense cominciato con le elezioni presidenziali del 2017 e con l’affermazione generale degli istinti più viscerali e demagogici. Un muro sonoro di errori digitali sovrasta il tutto, attraverso il quale prendono forma melodie e pattern ritmici, e in cui si intravedono squarci di un paradiso terrestre di una consonanza palpabile, tra voce, chitarra e synth. Un artigianato musicale organico, barocco (in senso lato) nella parte digitale, nel disporre anche il suono in forma stereo in maniera eterodossa e astratta, e nel suo flusso intelligentemente eterogeneo. Always Up, uno dei pezzi più incisivi, è un gospel futuristico, con innesti alieni e dissocianti tra loro, dove il cantato della Parker è in netto contrasto per consonanza legata ad un pop di origine occidentale, con armonie “black”. Un disco dalle sonorità nuove, seguendo schemi con elementi familiari (legati alla musica anglofona), ma che continuano ad essere ulteriormente plasmati in un continuo divenire.

HEY WHAT (Sub Pop, 2021).

HEY WHAT invece, risulta essere più chiaro e ben definito melodicamente. Compaiono aperture più liriche con echi più riverberati in senso quasi spaziale, in cui il suono si articola in più barocchismi meno eterei, riducendo l’attitudine contemplativa. Il muro di glitch acquisisce una forma riconducibile ad un’organicità umana. All’inizio di White Horses, dissonanze digitali sono protagoniste, ed esse scolpiscono il suono di fondo in una forma più astrattamente lisergica e meditata, mentre in Hey e nella successiva Days Like These soavi melodie agrodolci (incisive le voci della Parker e di Sparhawk) si legano con linee digitali elastiche e obliquamente caleidoscopiche, attraverso anche synth cosmici nella seconda citata; HEY WHAT sembra assurgere ad una eterogeneità più libertaria, lucente e sperimentale allo stesso tempo; un suono che si libera delle rigidità pregresse (quelle di Double Negative), del suo sfondo caustico, o liberarlo (ulteriormente) della forma statica. Se in Double Negative il tutto viene reso etereo e in una forma empaticamente imperturbabile, con HEY WHAT vengono esacerbate le conseguenti emozioni immagazzinate in un livello subconscio profondo. In entrambi i lavori vi è il contributo di BJ Burton come produttore (e già collaboratore in Bon Iver), il quale ha incentivato la ricerca dell’elettronica nei confronti del gruppo. Un lavoro che preannuncerà lo spostamento in ulteriori territori eterodossi dell’elettronica, nel nome di un pop spirituale sia di cornice che nel tessuto digitale.

RIFERIMENTI

David Howard King, ALAN SPARHAWK OF LOW ON PUSHING CREATIVE BOUNDARIES (The Collaborative, 2019)

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