Ben strano prodotto questo “Destroyer/Borderlines”.
Mi ci sono voluti tre ascolti per assimilarlo e al terzo non mi è sembrato affatto male, sebbene al secondo avrei voluto levarlo dallo stereo e posizionarlo lontano da quest’ultimo.
Evidentemente mi sbagliavo di grosso. In quest’album si presentano diversi episodi in cui la furia metal prende il sopravvento sul sound hardcore, e sono proprio quelli i momenti nei quali i Goldust brillano di luce propria; come se la parte metal fosse il gemello buono, ciò al quale la band tedesca aspira davvero, mentre la parte hardcore fosse un feticcio di qualcosa che non gli appartiene più.
Il dramma è che a furia di costruire sopra le fondamenta hardcore i Goldust sono diventati qualcosa di simile alla copertina di quest’album.
In parole povere: potrei definirli neo-crust, post hardcore, hardcore metal, ma mi andrei solo ad impantanare nella palude delle classificazioni (Che in fin dei conti interessano solo i fissati come me).
Potrei invece definirli “Goldust”, i quali, come dice il foglietto della label:”continuano costantemente a terrorizzare il pubblico con la loro commistione unica di hardcore e metal”.
Parole sante.
Questi ragazzoni tedeschi magari non portano nulla di nuovo in quanto a vocals, a riffing o a batterismo, però in fin dei conti lasciano all’ascoltatore una grossa sensazione di stordimento:
macabre bordate doom metal, potenti cavalcate heavy metal, riffoni spaccaossa supportati da cori made in U.S.A., vaghi blast beats di derivazione estrema. Da bravi crucchi hanno saputo fondere tutto il metal europeo in una solida corazza Panzer da far indossare al classico hardcore metal americanaccio; il risultato: dodici brani che (Ebbene si) terrorizzano il pubblico, mettendo a dura prova chi come me etichetterebbe pure Gigi Sabbani.
Ascolto consigliato a tutti gli amanti di Hellhammer, Celtic Frost e delle Alpi Svizzere.