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Recensione : Kenneth White – I Cigni Selvatici

Sfogliando le pagine di questo libro si ha come l'impressione di immergersi in un corso d'acqua fresco e cristallino. Da questa prospettiva il riflesso della luce restituisce il respiro delle montagne, ci fa ascoltare la voce del mare e ci fa commuove al canto dei cigni.

Kenneth White – I Cigni Selvatici

Se vi state chiedendo cosa diamine sia la geopoetica voglio rassicurarvi sul fatto che non è l’ennesimo dipartimento fantoccio creato ad hoc, magari per pagare svogliati burocrati con i soldi dei contribuenti. La geopoetica è una teoria, nata dalla mente di Kenneth White, che aspira a indicare un punto di partenza, una base comune a tutti gli esseri umani, ossia la Terra (geo), e a coniugare quest’ultima con la poetica, una poetica scevra da balzelli accademici e intesa come “una dinamica fondamentale del pensiero”.

Ed è appunto di un pellegrinaggio geopoetico che narra il romanzo I Cigni Selvatici, un viaggio che ha inizio a Tokyo, fra asfalto, cemento e luci di una città proiettata al futuro, prosegue verso Nord, ad Hokkaido per ammirare i cigni selvatici che giungono in quest’isola dalla Siberia, e termina a Kyoto, dinanzi ad un gorinto (monumento costituito da cinque pietre che rappresentano i cinque elementi) chiamato haijin to e dedicato a tutti i poeti di haiku di ieri, di oggi e di domani.

Come Virgilio per Dante, ad accompagnare l’autore lungo il viaggio vi è la costante presenza di Basho (1644-1694), poeta giapponese del periodo Edo, massimo esponente della poesia haiku e grande amante dei viaggi. Seguendo le sue orme lo scrittore si inebrierà di paesaggi disarmanti, di suoni evocativi e di animali significativi, giungendo a sentire il nucleo della sue essenza primordiale indissolubilmente legato alla Terra.

Sfogliando le pagine di questo libro si ha come l’impressione di immergersi in un corso d’acqua fresco e cristallino. Da questa prospettiva il riflesso della luce restituisce il respiro delle montagne, ci fa ascoltare la voce del mare e ci fa commuove al canto dei cigni. E’ un libro leggero che ha come protagonista il viaggio e la ricerca del vuoto, del silenzio, le persone incontrate lungo il viaggio sono come i personaggi di un dipinto, comparse nel bel mezzo di un paesaggio vivido.

La lettura è costantemente intercalata da haiku, alcuni che l’autore ha scritto di proprio pugno, altri di Basho e di altri poeti del passato.

Tutto il pomeriggio
nella stanza dei fiori
ad ascoltare il silenzio

La geopoetica mi sembra la risposta più efficace a quel processo di secolarizzazione che ha lasciato il mondo occidentale nell’oblio e che adesso sta sempre più attecchendo anche ad oriente. Una risposta intesa non in senso regressivo, come un ritorno al religioso, ma in senso progressivo per definirci tutti ainu, un ‘antica popolazione che abitava l’isola di Hokkaido, le cui origini sono avvolte nel mistero e i cui membri si definivano semplicemente ainu ossia uomini.

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