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Recensione : Exgenesis – Aphotic Veil

Un Ep magnifico, che ripropone ai suoi massimi livelli il meglio del death/doom scandinavo e statunitense

Exgenesis – Aphotic Veil

Il doom, nelle sue forme più estreme e malinconiche, mi appare sempre più quale metafora del ciclo vita-morte, un qualcosa che, per chi crede ad esempio nella reincarnazione, potrebbe ripetersi all’infinito.

Infatti, questo è un genere che, quando si scova e si sviscera fino alla residua stilla musicale l’ultima in ordine temporale delle tante meravigliose band che si avvicendano nel nostro stereo, parrebbe non possedere più le risorse per riprodurre tanta dolorosa bellezza finché qualche altro carneade non si affaccia sulla scena facendo ripartire daccapo la magia.
E’ questo il caso degli Exgenesis, un duo intercontinentale che mette l’ugola del colombiano Alejandro Lotero al servizio del musicista svedese Jari Lindholm (alle prese anche con un altro progetto dalle sembianze simili, gli Enshine, dove il vocalist è il francese Sebastien Pierre).
Il risultato di questa collaborazione è un Ep magnifico, che ripropone ai suoi massimi livelli il meglio del death/doom scandinavo e statunitense, quello che fa capo a Swallow The Sun da una parte (senza dimenticare la migliore espressione attuale del genere in Svezia, i When Nothing Remains) e Daylight Dies dall’altra, ma questa è ovviamente un banale esemplificazione volta a far comprendere, a grandi linee, quali siano i contenuti del lavoro.
In realtà Aphotic Veil è molto più dell’abile riproduzione del già sentito: in poco meno di mezz’ora gli Exgenesis meravigliano per la profondità del sound, per la perfezione delle linee melodiche e delle rare ma efficaci accelerazioni e per la controllata efferatezza del growl di un sorprendente Alejandro Lotero.
Jari Lindholm, da parte sua, si dimostra un musicista di livello superiore alla media: in Cloudburst il sound è aspro, carico di tensione, mentre in Concrematio le melodie che poco prima covavano sotto la cenere emergono in tutta la loro sfolgorante magnificenza.
La title track strumentale è un esibizione di classe e competenza da parte del musicista svedese e prelude a Futile Horizon, brano ruvido nella parte inziale e dai tratti sognanti in quella conclusiva,  nel complesso forse leggermente meno efficace all’interno di una tracklist da circoletto rosso, nella quale la conclusiva Noctua costituisce la perla assoluta: forse il più “swallowiano” tra i brani, anche per l’alternanza growl/scream di Lotero, in tipico stile Kotamäki, e per la costante produzione di melodie struggenti da parte di una chitarra solista capace di toccare le corde più recondite dell’animo, consentendo a Noctua, la civetta dal terzo occhio raffigurata in copertina, di continuare la propria ricerca in volo dentro di noi.
Un disco al quale, lo confesso, mi sono approcciato distrattamente, disperso nella marea di materiale che mi trovo ad ascoltare in questo periodo, finché, dopo 2-3 ascolti, è letteralmente esploso nei miei timpani rinfrancando il cuore e lo spirito grazie alla sua bellezza, che non posso definire inattesa proprio in virtù di quanto scritto nelle righe iniziali, riguardo al genere musicale più emozionante chi ci sia stato mai donato dalle divinità preposte a tale compito …

Tracklist:
1. Cloudburst
2. Concrematio
3. Aphotic
4. Futile Horizon
5. Noctua

Line-up:
Jari Lindholm – Guitars, Bass, Programming
Alejandro Lotero – Vocals, Guitars (additional)

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