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Recensione : Carcharodon – Roachstomper

Un album di pregevole fattura, consigliato vivamente anche chi nella musica ricerca non solo l’aspetto ludico

Carcharodon – Roachstomper

Scrivere questa recensione mentre probabilmente sta avvenendo la proclamazione dal vincitore del Festival di Sanremo funge da potente antidoto verso la musica plastificata che ammorba l’etere a una cinquantina di chilometri da Alassio, base abituale dei dissacranti e dirompenti Carcharodon.

Il lavoro del quartetto ligure, infatti, è quanto di più lontano si possa immaginare dalle atmosfere leccate e inamidate che sia annidano all’interno dell’Ariston, luogo che non ha mai visto e mai vedrà il mix irresistibile di stoner, blues, southern rock rivestito di un’attitudine dissacrante e politicamente scorretta proposto dai nostri.
Del resto è difficile attendersi composizioni e atteggiamenti seriosi da qualcuno che ha deciso di intitolare il proprio disco d’esordio “Macho Metal” (per tacere del precedente trittico di demo “Kamasutra”, “Pelvis” “Las Fecas” …) e tutto sommato è proprio in questa peculiarità che sono racchiusi pregi e difetti dei Carcharodon (a proposito, per chi di mestiere non fa l’etologo, si tratta del nome scientifico dello squalo bianco …)
Un atteggiamento scanzonato, in ambito metal, non è certo una primizia, ma resta sempre da chiedersi quanto sia produttivo per una band il rischio di essere apprezzata più per la (lodevole) capacità di far sorridere piuttosto che per la qualità sonora della propria proposta; sarebbe un peccato, infatti, che brani ottimi come quelli contenuti in Roachstomper, finissero per essere offuscati dalla vena caustica e non filtrata che pervade l’intero lavoro
Stoneface Legacy apre l’album maniera inequivocabile: dopo un intro “a cappella” (ecco …) l’esplosione di riff densi come melassa e il manifestarsi del ringhio di Pixo non lasciano dubbi sulla reale consistenza musicale dei Carcharodon; da qui in poi ci troveremo di fronte ad una serie di brani dal tiro irresistibile e soprattutto, contraddistinti da una grande varietà stilistica senza che ciò finisca per rendere frammentario l’ascolto del disco.
Jumbo Squid, Chupacobra sono altri tra i più rimarchevoli episodi di un lavoro che dall’inizio alla fine provoca diverse sensazioni tra le quali non viene sicuramente contemplata la noia: dai Carcharodon ci si può aspettare tutto e il suo contrario, anche all’interno dello stesso brano (basti sentire un brano putrido e fangoso, come Burial In Whiskey Waves, schiudersi nel suo finale in una limpida melodia).
Tirando le somme, ci troviamo senz’altro di fronte a un album di pregevole fattura, consigliato vivamente anche chi nella musica ricerca non solo l’aspetto ludico; inoltre è doveroso fare un plauso alla piccola ma attenta label francese Altsphere per non essersi fatta sfuggire questa band nostrana dal notevole potenziale.

Tracklist :
1. Stoneface Legacy
2. Pig Squeal Nation
3. Adolf Yeti
4. Beaumont, Tx
5. Jumbo Squid
6. Marilyn Monrhoid
7. Chupacobra
8. Burial in Whiskey Waves
9. Alaska Pipeline
10. Voodoo Autopsy
11. The Sky Has No Limits

Line-up :
Dr. Pixo the Maniac – Bass, Vocals (harsh)
Zack Condor – Drums, Percussion, Vocals (backing)
Max – Guitars
Boggio the Zulu Hammer – Guitars, Vocals (backing)

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