In Mauritania, circa centocinquantamila persone di pelle nera, il 4% della popolazione, vengono trattati come delle merci.
Qui, esistono tradizionalmente tre forme di schiavitù: la schiavitù domestica (lo schiavo è legato a suo padrone per tutta la vita senza alcun contatto con la sua famiglia), la schiavitù sessuale (le donne che lavorano per un padrone accettano naturalmente il suo potere) e infine la schiavitù agricola (i lavori più pesanti e ripugnanti vengono assegnati a questi schiavi).
In Mauritania molti uomini muoiono e vivono per una sola ragione: servire i loro padroni. Come i genitori prima di loro. E come i futuri figli, che gli verranno strappati in tenera età per essere lasciati in eredità o regalati come doni di nozze.
Migliaia di donne di pelle nera che hanno figli non sono mai state sposate. Vengono considerate come macchine per la riproduzione.
Alcune organizzazioni in Mauritania, come SOS Esclaves, EL HOR, IRA Mauritanie, si battono contro la schiavitù.
Il 25 marzo 2007 il governo mauritano ha votato una legge che implica la condanna della schiavitù e reprime le pratiche schiaviste.
La legge 2007-048 del 3 settembre 2007, nel suo quarto articolo prevede che “chiunque riduca qualcun altro in schiavitù, o incoraggi la limitazione della libertà o della dignità altrui, compresa quella di una persona a proprio carico o sotto la propria tutela, al fine di ridurre questa persona in schiavitù, è passibile di una condanna detentiva da 5 a 10 anni, e di un’ammenda da 500.000 ouguya [moneta nazionale mauritana; la cifra, secondo il cambio attuale, corrisponde a circa 1530 euro, NdT] a 1.000.000 ouguya [circa 3060 euro, NdT]”.
Le disposizioni della legge del 2007 non sono mai state applicate e nel 2014 molti militanti antischiavisti sono stati arrestati.
L’ONU ha appena approvato la nuova legge contro la schiavitù, adottata il 13 agosto 2015 dal parlamento mauritano.
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