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Recensione : Il Segreto Di Chiaravalle Di Andrea Biscaro & Franco Colombo

I Segreti di Chiaravalle: Un altro valente book messo a segno dalla turbolenta e multiversificante penna di A. Biscaro. in coppia con F. Colombo

Amdrea Biscaro & Franco Colombo - I Segreti di Chiaravalle

Il Segreto Di Chiaravalle Di Andrea Biscaro & Franco Colombo

La vita è strana, decisamente strana quando ti trovi tra le mani un libro di Andrea Biscaro… Questa è la volta del romanzo IL SEGRETO DI CHIARAVALLE.
E per chi non lo sa, ed io non lo sapevo, Chiaravalle è un’abbazia meravigliosa posta appena fuori Milano, pochi chilometri a sud, giacente nella campagna mediolanense.

Sottolineiamo subito che, del libro, Biscaro ne condivide l’autorato con Franco Colombo e insieme hanno ideato un plot fantasioso, in questo affine al fantasy, ed altresì giallo, la tessitura investigativa-giornalistica è strada azzeccata, pompato da minuziosi dialoghi (interiori, fantasmatici o subcoscienti) che sovrabbondano e sovrastano il campo dell’azione nel tempo reale, o ne condividono lo spazio imminente, che ha corso nel tragitto, solo andata, Milano – Chiaravalle.

Quel minimo tratto di circa 7- 8 Km condisce 330 pagine creando nel lettore svariate sensazioni e sfamando certo la curiosità di un diabolico mistero datogli in pasto.

E’ il 27 luglio 2018, il quarantenne giornalista Orazio Pedersoli (omaggio al compianto Bud Spencer?), frequentatore della domenica dell’abbazia in compagnia della consorte Livia, è deciso a seguire una pista nascosta che ha fiutato tra quelle antiche mura. Un particolare artistico, rilevato dal suo occhio critico all’interno della chiesa, ha innescato teorie e ricerche da comprovare in quella unica data, poiché in tal luogo sacro si svolgerà, e ciò avviene sin dal 1973, una messa di commiato funebre in onore di Gabriele Faccioli: “nato nel 1892, entrò nella Banca degli Investimenti Internazionali divenendone nel 1931 amministratore delegato. Fu un personaggio di enorme potere e, attraverso la Banca, stimolò la crescita in segreto di una nuova classe politica laica e antifascista. Fu grande amico e finanziatore di Enrico Mattei (fondatore dell’ENI, scomparso nel ’62 in un incidente aereo mai chiarito). Morto a Roma nel 1973, Faccioli volle essere sepolto nel cimitero dei monaci di Chiaravalle”. La messa di suffragio annuale associa personaggi di spicco del panorama nazionale e di dubbia rispettabilità, tra cui Gianni Ventrice, ex Ministro delle Finanze.

Si da l’avvio, in una Milano oppressa dalla canicola, al testo della coppia Biscaro-Colombo, attraendoci con l’ottima lunga overture nella ragnatela giallo-romanzesca degli eventi, i quali non mancano di fiorire imprevisti e accurati, tenendo saldo il protagonista giornalista (che si sdoppia a mio parere nella figura fisica dello scrittore Biscaro, assecondando una mia raffigurazione naturale ed immaginativa da lettore) ad ogni sua elucubrazione ed al fruttuoso deduttivo modus operandi di cui ci da notizia, attimo per attimo, imperniato al rocambolesco ed improvvisato modo di indagare, distendendo per un terzo della storia una fascinosa, seria e pericolosa trama.

Fascinosa perché viene collegata al culto della boema, frammessa tra storia e spiritualismo, teologia, gnosticismo, massoneria e filosofia.
Seria perché il substrato che determina la ricerca è ammantato di preziosi punti di vista di cui poter fare tesoro.
Pericolosa perché Pedersoli si pone tra incudine e martello onde procacciarsi informazioni valide a sostenere le sue tesi e la verità.

Perle di saggezza e di logica escono a iosa dal pensiero del giornalista e sono inviate al lettore mediate dalla visuale meditativa ad hoc, avvalorate dalla propria smania di svelare…

<<Quella piccola statua all’interno dell’abbazia, in chiesa, che ha suscitato in me dubbi, domande, visioni. Quell’effige da cui è partito tutto. La mia ossessione per Chiaravalle, la mia brama di capire cosa ci può essere sotto l’apparenza. Il desiderio di spiegare (soprattutto di spiegarmi) perché la realtà non è mai (o quasi) ciò che sembra. Un velo sottile è la realtà. Basta un’immagine, un gesto, un alito, e questo velo svanirà. Allora noi potremo finalmente scorgere ciò che c’è sotto, e chissà se questo qualcosa sarà bene o male. Cos’è il bene e cos’è il male, in fondo? Due facce della stessa medaglia, forse. Come noi uomini. Come Dio>>.

Poi.

…<sarà da scrivere un libro intero!”. In sostanza: simboli massonici, eresie medievali, potenti e misteriosi per- sonaggi del ventesimo secolo… Cosa lega tutti questi misteri di Chiaravalle?>>.

E ancora.

«La storia, gli atti, le testimonianze fanno pensare che Guglielmina la Boema fosse una seguace del movimento del “Libero Spirito”, diffuso in Germania, in Francia settentrionale e nei Paesi Bassi». Fa una lunga pausa, sottolineata da un sospiro profondo. Io mi accomodo meglio sulla sedia, trangugio l’ultimo goccio d’acqua,
poi mi do da fare col succo d’Ace.
«Interessante. Mi parli di questo “Libero Spirito”». Incito Padre Agostino a
proseguire il suo racconto.
«Questo movimento sosteneva che Dio potesse essere ricercato in se stessi, negando di fatto il ruolo di intermediazione delle gerarchie ecclesiastiche.
Guglielma arrivò, in particolare, a sostenere che Dio potesse essere trovato
nel corpo di una donna, alla stessa stregua di un uomo».
«Be’, una visione davvero rivoluzionaria!» esclamo.

Ma già verso il finale di questa porzione di libro cominciano ad emergere elementi personali onirici e premonitori paranormali, responsabili di influenzare l’atmosfera e nutrire la suspense, nonché si affaccia l’introduzione di un nuovo portante personaggio, partner femminile e imprescindibile spalla/co-starring del nostro eroe (meglio catalogarlo quale anti-eroe), che ne segna la grande importanza atta a suffragare il passaggio successivo della storia e che li vedrà uniti indissolubilmente sino alla fine.

Costei è una giovane restauratrice che in abbazia, sopraelevata dal proprio ponteggio, opera su un affresco probabilmente dipinto da Hieronymus Bosch, il celebre pintore fiammingo di fine ‘400. Lo snodo principe della storia si estrinseca, come detto, dall’incontro dei due e da quel momento fatidico il legame intrecciato dalle due personalità diventa complementare e complice. In un batter d’occhio, Cupido ne sa senz’altro qualcosa, Pedersoli ‘Biscaro’ Pieraccioni si accoppia con la sua bella ed inquieta partner rosso fuoco di turno, ora è la volta di Lucrezia, e come nei film del comico toscano (d’altronde anche Biscaro è abitante della regione da tantissimo tempo) incomincia, mentre qui per noi s’accinge la seconda parte del romanzo, la narrazione corroborata dalla spinta femminile della avvincente vicenda (naturalmente la posizione della donna ha, in tal sede, rilievo e peso non trascurabili, accortezze che di solito Biscaro riserva ai personaggi femminili dei suoi romanzi), in cui sono immischiati certamente alcuni frati cistercensi abitanti l’abbazia e che ci condurrà passo dopo passo – abbandonando la verve comica pieraccioniana (per fortuna!) e ritrovando invece quella narrativa letteraria e fantastica ben nota ai fans – ad essere testimoni di scoperte indicibili e a svelare misteri incredibili, restando in bilico sul filo del rasoio, col patema d’animo, in simbiosi perfetta col protagonista e con lo stress emotivo derivante dal latente e lento manifestarsi degli eventi. Questo m’appare quasi un esercizio di stile, ‘torturare’ benignamente e con premeditazione il lettore.

Il tessuto espositivo è sicuramente di color bianco, nel senso di espressiva chiarezza, e va acquisendo un peso da lenzuolo matrimoniale bagnato, inzuppato di parole da cui grondano i movimenti filtrati dalle voci fuori campo della narrazione, guidata in prima persona, e inserendo nel contesto scenico i dialoghi diretti, conferendo uno status semi-ideale di riparo, impermeabile e asciutto, alle escursioni storiche menzionate in corsivo, come ai suggestivi transfert onirici di cui Orazio è preda (“I sogni spesso mi aiutano a comprendere meglio la vita, questo è indubbio”).
D’altronde è pur vero che Biscaro-Colombo rendono gradevole oltremodo il misurarsi con la loro perizia letteraria, riuscendo nell’intento di farsi leggere e fare del testo un’esperienza coinvolgente, di facile fruibilità, che apre la mente e la fantasia ad ogni tipo di lettore. Impossibile staccarsi dalle parole e dai percorsi escogitati.

L’instant history, sgorgando sì in presa diretta, costringe il narratore a non rinunciare al fiume di parole che puntano l’attenzione su personaggi e fatti, ugualmente sulle considerazioni intime redatte, comunque comprensive del turbinio degli stati d’animo alterni e degli squassamenti emotivi risultanti, dovuti alle intriganti e impattanti situazioni, col compito eventuale e sottile di predisporre un basamento sensitivo e concreto, un reticolato filtrante piuttosto, interposto a fronte dei sublimi misteri e dei viaggi psichedelici raccontati, ai quali partecipiamo all’unisono volando sul mordente offerto dalle scoperte effettuate – anche con l’aiuto di una buona dose di azzardo – dalla ditta Lucrezia&Orazio, essendone elettrizzati dalla tensione che si cuce ad ogni avanzamento dell’ordito, durante il breve periodo di soggiorno del Pedersoli al convento.

Tale artificio, questa zona d’ombra (positiva) prolissa, incline a dettagliare finanche la goccia di paziente sudore che cola dall’alto del Signore celeste, serve a dilatare il personaggio cardine, sia quando deve affrontare nuovi ostacoli, sia quando talvolta è messo in sordina dagli altri personaggi forti con cui ha a che fare, e che entrambi deve sopportare se vuole approdare (non sulle spiagge di Rapallo, dove la moglie lo aspetta sola soletta) a una qualche verità che gli permetta di realizzare l’ambito scoop, potente assai da permettergli di porsi in rilievo di fronte alle grandi testate dell’informazione nazionali.

L’esoterico, il magico, il fantastico, il simbolico, l’incredibile, le nozioni storiche, la storia dell’arte, le leggende medievali, le particolarità culinarie, territoriali, architettoniche, ingegneristiche, geografiche, antropologiche, climatiche, ambientali, costituiscono tutte parti di un puzzle entro cui addentrarsi con cautela e raziocinio, avendo lo scopo di comporre la scenografia, lo stage esoterico su cui agiscono le parti chiamate in causa, ossia, il territorio di Chiaravalle e il complesso cistercense in oggetto, scegliendo con gusto e razionalità le funzionali appropriate tessere di risalto e di contorno volte ad imprigionare protagonisti e lettori in questa cornice affrescata, ma soprattutto a legarli ad una siffatta e tanto accudita trama.

Benché si ‘soffra’ (siamo costretti anche noi lettori a patire un poco come il protagonista: il caldo, le privazioni, i divieti, le scocciature, le attese, le scariche adrenaliniche, le paure, il terrore, la morte, l’incertezza, la delusione) lo stratagemma, denso ed espanso, propiziato dalla cronaca di ogni accadimento, cioè il tramite di accesso ad una dimensione realistica, giacché in stretta relazione con gli stati d’animo e il pregresso caratteriale, culturale ed umano del protagonista, Orazio Pedersoli, nulla viene comunque tolto ai risvolti piacevoli sbocciati dai felici successi intrapresi da Lucrezia&Orazio, intrisi di profumata vitalità defluita dal leggero menage della affiatata coppia di detectives, su cui grava la lontana eco della consorte Livia (la querelle sentimentale Lucrezia-Livia affiora pure divertendo…).
Accomunati dalla medesima sete di avventura, nulla temono unendo le loro disparate forze, che messe in campo dall’attrazione concomitante, implementano la voglia moschettiera di perseguire sino al termine la loro missione di cui si sono autoinvestiti.

Ovviamente altre figure riempiranno la scena. A queste è stato affidato un ruolo inaspettato quanto essenziale e catalizzante delle vicende, formando un buon cast da poter collocare facilmente in teatro o in una fiction televisiva: compagni-attori (amici o nemici), cioè i concorrenti e gli antagonisti di Orazio Pedersoli, sono qui protesi alla ricerca del terzo dei tre tomi occulti – quello mancante si apprenderà – che magnificherà, in coloro che lo possiederanno, uno stato di potere capace di modificare la realtà circostante, constatando che sinora tale ricerca ha scatenato soltanto una guerra tra opposte sette di illuminati, seguaci dell’antico culto della Boema.

Posso aggiungere che il romanzo è anche un trampolino che invita a seguire nuovi input di ricerca, ciò mi fa capire il piacere e anche il divertimento trascorso dagli autori nel confezionare cotanto ragguardevole scritto. Ad esempio è probabile che i nomi dei personaggi siano facilmente ispirati a reali personaggi storici; così il Faccioli potrebbe essere il Giulio Faccioli veronese, politico e letterato dotato di infausto carattere. Padre Anselmo parrebbe conciliarsi con la figura di Anselmo d’Aosta, il futuro arcivescovo di Canterbury. Padre Agostino, potrebbe profilarsi nel santo Padre filosofo Agostino. Padre Gianni è forse San Giovanni? Magari Orazio è ispirato dal poeta latino tanto caro al Biscaro, e infine, cosa che amo dei libri, sono le frasi introduttive di altri autori; nella fattispecie brilla quella di Max Manfredi, cantautore italiano.

La terza parte del romanzo, così da me idealmente suddiviso, è inaspettatamente incentrata su esperienze fantastiche di viaggi chimerici, con annesse risoluzioni del focus del giallo e siparietti da commedia italiana (fauste costanti del romanzo), dove il Biscaro e il suo compagno [immagino tra di loro un segreto amore, gossip del redattore] di scrittura, danno davvero slargo ad ipotizzare l’uso di LSD per spaziare in levità attraverso un caleidoscopio irreale e seducente di visioni, connesso con sentimenti di comunione ed estraniamenti ecstasyzzanti!
Non c’è che dire, per mezzo della lettura siamo accompagnati all’interno di un mondo extraterrestre: è questo il premio ricevuto per essere stati così empatici e simpatici con il dipanarsi della storia, vale a dire la cuspide di un effetto rigenerante a cascata, pervasivo e incline al ritrovamento di se stessi.

La perdita di riferimenti e il viaggio extrasensoriale esperito, contribuiscono a far ritrovare il baricentro al lettore, recuperandolo di un senso esistenziale e assolutamente ristorandolo dalla certosina dedizione esercitata nell’aver fatto comunella con gli amici virtuali-cartacei incontrati sfogliando le pagine del romanzo.
Ma, attenzione, siete avvisati! Qualcosa è davvero evasa dal disegno maximo presentato, fuggita dalla collocazione degli eventi schierati alla ricerca di quel mistero instillato dal titolo…


P. S. A questo punto anelo leggere una copia di “Io sono il Nirvana. La storia di Kurt Cobain” e, spizzandole a dovere, accertare se tra le mie carte c’è un altro stupefacente destabilizzante ed ispiratore; tutto ciò dopo aver sniffato la sopraffina cocaina di “Canto Glamour in Punta di Coltello”, ingollato il vino fantasmagorico di “Sangue d’Ansonaco” e assorbito l’LSD dello sfaccettato, strabiliante e imperlato di sudore “Il Segreto di Chiaravalle”, affinché possa calare beato in tavola il mio poker d’assi!

Editore: Meridiano Zero ; Collana: I paralleli

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