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Khost – Many Things Afflict Us Few Things Console Us

I Khost sono un pianeta oscuro che vaga per lo spazio cerebrale mietendo vittime, portando con sé un rumorismo molto potente, e fatto di industrial, doom, drone, dark ambient, nosie geneticamente modificato e molto di più.

Il gruppo di Birmingham è un pianeta oscuro che vaga per lo spazio cerebrale mietendo vittime, portando con sé un rumorismo molto potente, e fatto di industrial, doom, drone, dark ambient, nosie geneticamente modificato e molto di più.

Quinto disco per gli inglesi Khost, dal titolo “Many things affect us few things console us” per Cold Spring Records.

Il gruppo di Birmingham è un pianeta oscuro che vaga per lo spazio cerebrale mietendo vittime, portando con sé un rumorismo molto potente, e fatto di industrial, doom, drone, dark ambient, nosie geneticamente modificato e molto di più. In realtà il loro stile è davvero variegato e il muro del suono che creano è disorientante, oppressivo e violento, in piena sintonia con i tempi che stiamo vivendo, infatti è una perfetta colonna sonora per i nostri tormentati giorni.

I Khost si inseriscono a pieno titolo nella tradizione industrial noise che vanta nomi notevoli come i Godflesh o i padri di tutto ciò i Throbbin Gistle. Da questi ultimi il gruppo di Birmingham riprende l’ossessività. i loops malvagi che tagliano i tendini e detonano in gola, esplosioni che azzerano per auto rigenerarsi subito dopo, all’infinito. L’elettronica in questo lavoro ricopre un ruolo importante, computers programmati per distruggere le poche certezze che ci rimangono, e qui c’è molto dell’industrial metal degli anni novanta, quando non era ancora diventato caricaturale come la maggior parte dei lavori odierni. Inoltre in “Many things affect us few things console us”, titolo assai programmatico, troviamo anche molti richiami tribali sotto forma elettronica e non solo, come ad esempio la traccia “Reading between the lines”, uno dei pezzi più devastanti del disco.

I Khost penetrano in profondità nel codice sorgente di questa società e dei tempi che stiamo vivendo, e scarnificano il tutto per farci vedere cosa c’è dentro, e la visione potrebbe essere fatale anche per le menti più forti, figuratevi le nostre. Fra i vari pezzi ci sono anche spezzoni, interludi industrial noise che riportano in qualche maniera alle vecchie vhs di film horror e di fantascienza degli anni novanta e duemila, superati poi dalla nostra realtà attuale.

Oltre a quanto elencato sopra possiamo trovare nel disco anche una traccia di neofolk cyber e futurista come “Define the edge of someone”, splendido pezzo di neofolk dell’anno 2500, quasi nove minuti che mostrano, una volta di più la grandissima capacità mutante dei Khsot, che non inseguono nessuno, anzi indicano un percorso ben preciso, una traiettoria che tocca mille situazione e mille musiche diverse, un mosaico futuristico, distopico e distorto che è al contempo terrestre, umano e anti materia, un buco nero che macina tutto e tutti, a volte schiacciandoti, a volte aspettandoti al varco.

Disco di qualcosa che va oltre la musica, i Khost sono un collettivo gigantesco e immaginifico che colpiscono che fisicità e capacità di penetrare nella nostra psiche. Un altro capolavoro del catalogo della britannica Cold Spring Records, tranquillamente una delle migliori etichette al mondo per musica industrial, ritual e dissonante in generale.

Qui troverete macchine, sangue sui circuiti di silicio e innesti cerebrali su automi

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