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Recensione : Sdh – A Mickey Finn at the Nemo Point Hotel

L'ultima volta che io e il mio socio abbiamo passato in radio gli Sdh, mi chiesi piuttosto oziosamente quali fossero le parole che si nascondono dietro l'acronimo, la sigla Sdh.

Sdh - A Mickey Finn at the Nemo Point Hotel

L’ultima volta che io e il mio socio abbiamo passato in radio gli Sdh, mi chiesi piuttosto oziosamente quali fossero le parole che si nascondono dietro l’acronimo, la sigla Sdh.

Feci svariate congetture, fallendo clamorosamente l’obbiettivo e, anche quando mi fu svelato l’arcano, lo dimenticai. Insomma ricordo di non ricordare. Ma poco importa di fronte a questa loro ulteriore prova sulla lunga distanza, che si compone di nove nuove canzoni dalla furia bruciante.

Veniamo dunque a quelli che la band stessa definisce gli ingredienti: si comincia con due pezzi fragorosi in stile Touch and Go come The Ponytail e Nothing Keep You Sound, per passare poi a Shut Up!

il pezzo più (high energy) rock’n’roll del lotto, seguito ad una incollatura da KR47MO che invece è il brano più melodico in scaletta. Gettin’Fucked condensa dentro di sé l’enfasi di band Dischord come i Rites of Spring, mentre Since Diabolik Died ricorda i Black Flag meno lineari o gli Husker Du degli esordi.

Seguono due pezzi di esasperato ed ipercinetico hardcore come Demiurge e The Dung Beetle Sisyplus, per chiudere con quella che io giudico la perla del disco, vale a dire la catastrofica e apocalittica Do Whatever You Want. La band brucia letteralmente frantumi di furore in poco più di venti minuti ed alla fine dell’ascolto lascia sul terreno cenere e fango, sudore e lacrime, schegge di vetri infranti.

Esattamente ciò che deve lasciare dietro di sé un disco come questo.

Sdh – A Mickey Finn at the Nemo Point Hotel

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