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Recensione : The Queen Is Dead Volume 145 – Migraine, Greengoat, Grey Czar

Migraine, Greengoat, Grey Czar: Grunge, heavy psych e progressive rock dei giorni nostri.

Migraine, Greengoat, Grey Czar

Grunge, heavy psych e progressive rock dei giorni nostri.

MIGRAINE

Debutto discografico autoprodotto intitolato “Un’abitudine” per il trio pugliese Migraine.

Il debutto di questo gruppo è pieno di ottime cose, il suono rimanda alle produzioni abrasive del sottobosco italiano vicino al grunge degli anni novanta, un misto di punk, stoner, grunge, psych e suono simili ai Queens Of The Stone Age ma cantati in italiano. Il trio elabora un suono che è cattivo, marcio e molto acido, chitarre libere di svariare con le loro distorsioni, sezione ritmica essenziale ma che gira senza sosta, e una voce che graffia.

Sono elementi semplici, e forse proprio per questo non è facile metterli assieme in maniera organica e coerente, i Migraine ci riescono molto bene e vanno anche oltre creando una loro psichedelia come in “Andromeda”, uno dei pezzi maggiormente onirici del disco. Era da anni che non si sentiva un disco così in italiano, con quel gusto di grunge che lo permane in maniera molto positiva, e quella struggente nostalgia di blues altro, come in “Marlboro”, uno di quei pezzi con i quali tanti della nostra età sono cresciuti e che pensavamo di non ascoltare mai più. Inoltre i testi sono molto interessanti e mai ovvi, occupano un posto molto importante nella musica dei Migraine.

E proprio la musica dei Migaine è bella carica di tanti riferimenti e generi, spaziano molto e riescono sempre a cogliere nel segno, e sopratutto il cantato in italiano rene tantissimo. Ci sono anche riferimenti dub reggae nelle melodie e in certi stacchi, cosa che rende bene la varietà musicale del trio pugliese.

Un disco che rinfresca molto l’aria del sottobosco italiano, un lavoro potente e che si fa sentire dall’inizio alla fine, con molti elementi che lasciano di stucco e che fanno comparire i Migraine fra i gruppi italiani più interessanti degli ultimi tempi. Grunge, stoner e tanto altro.

GREENGOAT

Kyuss, fuzz, stoner, heavy psych e qualcosa di grunge, ecco in breve la formula sonora degli spagnoli Greengoat in uscita su Argonauta Records, con “Aloft”, il loro secondo album. I Greengoat sono un duo, Ivan suona la chitarra, canta, registra, mixa mentre Ruth suona la batteria e rende fisico il suono disegnando le parti visuali e quelle in 3D dei loro spettacoli.

Tutto ciò li rende un gruppo molto particolare e assai interessante, e guardano in alto, verso il cielo. I testi di questo disco vertono tutti sugli studi dello psichiatra John Mack dell’Università di Harvard su soggetti che dicevano di essere strati rapiti dagli alieni.

Questi studi sono molto particolari e aprono il portale che ci lega a qualcosa che forse risiede nell’universo, ma che sicuramente è dentro di noi ,e sono studi molto importanti.

I Greengoat esplorano questa materia con il piglio degli esploratori sonori e non, il loro suono è profondo ed intricato, sale verso il cielo come eliche di dna che si espandono verso l’universo, con l’anelito di ritornare a casa. La musica di “Aloft” è una costruzione sonora che muta in continuazione, tutto non è mai uguale a sé stesso, il passato si fonde direttamente con il futuro e tutto muta vorticosamente, proprio come un viaggio spaziale. Il duo tocca in maniera intelligente e approfondita vari generi, dalla psych al prog metal, passando per grunge e stoner, e fanno tantissimo con pochi elementi, creando un ambiente molto ricco. Viaggio sonoro, ricco, fertile e profondo, con una nuova concezione della musica lisergica pesante.

GREY CZAR

Terzo disco sulla lunga distanza per gli austriaci Grey Czar, si intitola “Euarthropodia” ed esce per Octopus Rising, la sussidiaria di Argonauta Records. Il gruppo di Salisburgo è composto da quattro componenti che suonano due chitarre, basso, batteria e arrivano a cantare anche in tre, creando una miscela sonora assai particolare.

La loro musica scorre libera e fluida al riparo da generi e costrizioni di etichetta, però si potrebbe parlare di prog rock inteso nella vecchia maniera, ovvero una linea retta che non si guarda mai alle spalle, con elementi di barocco musicale e di psichedelia, Ascoltando “Euarthropodia” si ha la netta sensazione di ascoltare qualcosa di antico e bellissimo, quei dischi da ascoltare dall’inizio alla fine, ricchi di vita e di musica, con tanti elementi al suo interno e senza quel grigiore che oggi impera.

I Grey Czar fanno musica colorata e viva, barocca nel senso di ricchezza di elementi, melodie e di bellezza, tanta bellezza. Partendo dallo stoner degli esordi i nostri si sono evoluti in un continuum musicale che li ha portati a questo concept album, che è sicuramente la vetta della loro parabola artistica fino ad ora.

Questo disco parla di vita, morte e rinascita, del ciclo nel quale siamo inseriti dalle legge universale, è prodotto con uno spirito do it yourself, ha una forza enorme e sembra quei dischi progressive degli anni settanta, che ti conquistavano con una dimensione musicale tutta loro, con la capacità di catapultarti in cosa volevano fare, in un significato altro rispetto alla nostra dimensione, e qui è ancora così. Un disco che rimane e che possiede tantissime cose al suo interno.

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