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Argonauta Fest – Live 23 Bosco Marengo – 10/5/2015

Live report dell'Argonauta Fest.

Il 10 maggio al Live 23 di Borgo Marengo, a poca distanza da Alessandria si è svolto l’Argonauta Fest, primo festival dell’etichetta ligure Argonauta.

L’Argonauta ha aperto i battenti nel 2012 con “Tvmvltvm” dei Varego, per poi cominciare a pubblicare a ritmo serrato dal settembre del 2013 con la seconda uscita dei Varego, l’ep “Blindness of The Sun”, e poi con i From Oceans to Autumn (“A Perfect Dawn”) .
L’etichetta riflette l’intero spettro della musica pesante, dallo sludge al post rock, dal post metal allo stoner, il tutto con una qualità molto alta. Tutto ciò si poteva ben sentire in questo festival, che vedeva presenti sei gruppi.
Ad aprire la lunga serata i Kayleth, che hanno fatto un’ora di space stoner davvero corposo e molto piacevole, confermandosi uno dei migliori gruppi italiani del genere.

A seguire i Deaf Eyes, progetto parallelo degli Incoming Cerebral Overdrive, che danno libero sfogo alla loro parte math noise, in una veste strumentale davvero di valore e molto convincente dal vivo.
Dopo di loro, da Torino i Last Minute to Jaffna, un gruppo che sta costruendo qualcosa di davvero importante e si sente. Il loro post metal con fughe post rock e molto altro è una delle cose più coinvolgenti da sentire in Italia di questi tempi, e qui a Bosco Marengo hanno confermato d’essere uno dei gruppi più importanti in Italia: Volume II è un disco mastodontico.

Senza un attimo di pausa, mentre con il sopraggiungere del buio arriva anche un po’ di fresco, la tormenta post metal dei Varego (con Gero, il boss dell’Argonauta alla chitarra) prende possesso del palco mettendo in mostra un gruppo notevole e con grandi mezzi e presenza scenica.
Arriva poi la lotta continua degli Infection Code, una proposta musicale in giro da quindici anni ormai, ma in costante evoluzione e che con dei notevoli visuals sugli anni della lotta armata ha portato una colata di rumore bianco al Live 23, offrendo un concerto solido e di grande impatto, seminando il dubbio, adottando un mantra rumorista.

A chiudere i Nibiru. Non si può esprimere cosa siano dal vivo se non li avete mai visti. Sono una furia declinata in tre elementi, un rituale in enochiano, un ritorno all’ancestrale, dove la modernità è totalmente bandita. Il cantante Ardath ha spaccato una chitarra, e poi ha preso fuoco l’ampli del basso. E mentre le fiamme uscivano e la puzza era forte i Nibiru continuavano a suonare alla massima potenza. Questi sono i Nibiru.

In conclusione una grande serata, una qualità molto alta per una realtà che si sta affermando come sinonimo di varietà e di sicuro godimento. Una tappa importante nella battaglia per l’affermazione del rumore.

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