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Recensione : Deadly Carnage – Manthe

I Deadly Carnage ci regalano un lavoro maturo, che trasuda di umori antichi senza per questo apparire obsoleto, in virtù di una rara sensibilità compositiva

Deadly Carnage – Manthe

Se è vero che invecchiando si imprimono maggiormente nella memoria i ricordi del passato, più o meno remoto, rispetto ad avvenimenti cronologicamente più vicini, allora non c’è da stupirsi se l’ascolto di Manthe mi ha riportato, a livello di sensazioni, alla fine del secolo scorso.

Era il 1999 quando una delle band più oscure che il sottobosco metal italiano abbia mai partorito, i Cultus Sanguine, pubblicavano il loro capolavoro “The Sum Of All Fears” prima di sparire nel nulla, lasciando negli appassionati quel senso di vuoto che così bene veniva evocato dalla loro musica.
Molta acqua è passata sotto i ponti e altrettanti dischi sono transitati attraverso questi usurati padiglioni auricolari ma, solo oggi, ho ritrovato qualcuno in grado di farmi provare quello stesso tipo di emozioni.
I riminesi Deadly Carnage, al loro terzo full-length, sono gli artefici di tutto questo ma, attenzione, è appunto di sensazioni che si sta parlando, quindi non bisogna fare l’errore di considerare Manthe solo alla stregua di un omaggio tardivo ad una band del passato.
E’ indubbio, però, che la comune struttura compositiva, un black doom caratterizzato da atmosfere drammatiche, rende plausibile un tale accostamento, ulteriormente accentuato sia dall’azzeccata scelta di ricorrere ad un produzione capace di rinunciare a qualsiasi abuso di carattere tecnologico, sia dallo screaming aspro e diretto di Marcello che riposta direttamente a quello che fu di Fergieph.
Un disco, questo, che ci consegna una band capace di proporre cinquanta minuti scarsi di musica dall’enorme impatto emozionale, priva di riempitivi o di momenti che non siano funzionali all’esito finale: brani meravigliosi come Dome of the Warders, post-black  che sconfina nel finale in un progressive malinconico, e Carved in Dust, dalla ritmica avvolgente e il pathos spinto a livelli parossistici, sono i momenti più alti della prima parte del lavoro.
La conclusione, affidata una splendida traccia come la lunga title-track, nella quale non viene tralasciato alcun umore, passando dal doom tout-cort a un lavoro chitarristico che rimanda alla pietra miliare “Gothic”, per finire lasciando spazio ad alcune sperimentazioni per nulla stucchevoli, non deve far dimenticare anche un altro episodio significativo quale Il Ciclo Della Forgia, cantato in italiano e nel quale, a differenza di quanto accade spesso in occasioni analoghe, viene scongiurato abilmente il rischio di infarcire il testo di banalità purtroppo comprensibili a tutti …
I Deadly Carnage ci regalano un lavoro maturo, che trasuda di umori antichi senza per questo apparire obsoleto, in virtù di una rara sensibilità compositiva; Manthe non è un’opera di facile ascolto, infatti sono necessari diversi passaggi prima di poterne cogliere appieno l’essenza e non è detto ugualmente che ciò sia alla portata di tutti, ma riuscire ad entrarvi in sintonia può offrire la possibilità di assaporare pienamente un altro piccolo gioiello musicale partorito dalla nostra vituperata nazione.

Tracklist:
1. Drowned Hope
2. Dome of the Warders
3. Carved in Dust
4. Beneath Forsaken Skies
5. Il Ciclo della Forgia
6. Electric Flood
7. Manthe

Line-up :
Adres – Bass
Marco – Drums, Percussion
Marcello – Vocals
Dave – Guitars
Alexios – Guitars, Synths

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