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Recensione : Ten Year After – Rock & Roll Music To The World – 1972

Il tempo è passato, ma i 45 minuti di questo 8° album per i TEN YEARS AFTER, targato 1972, stappano ancora troppo bene i padiglioni auricolari di chi è in arme d'impollinarsi di rock blues, fin qui macchiato di psichedelia, seguendo il filo rosso del precedente e milionario "A Space in Time".

Ten Year After – Rock & Roll Music To The World – 1972

Il tempo è passato, ma i 45 minuti di questo 8° album per i TEN YEARS AFTER, targato 1972, stappano ancora troppo bene i padiglioni auricolari di chi è in arme d’impollinarsi di rock blues, fin qui macchiato di psichedelia, seguendo il filo rosso del precedente e milionario “A Space in Time”.

Rock & Roll Music to the World” si piazza quale pietra miliare della band, offrendo una colonna di classici pur rimanendo nei territori su citati, incidendo un albo fermo in struttura (non è lo slanciato “WATT” o l’astronomico “Cricklewood Green”) a causa dello sfiancante tour che lasciava ben poco movimento alla creatività, girando però squisitamente in tondo alla maestria esagerata, qui pompata dal robusto mestiere, ed alla classe sfoderata dai 4 TYA, spiegando tutto il feeling trasferito nelle magiche pozioni che svampano dall’impianto circolatorio dell’umano rock blues possibile. E chi non lo avrebbe voluto produrre un tal disco pregno di dedizione!!!

You Give Me Loving necessita di un buon impianto stereofonico per distinguere i piani sonici eseguiti in modalità spaziale, la furia jazz dettata dalla classe imperante della sezione ritmica proietta l’arma a 6 corde di Alvin Lee from outer space tracciando percorsi che si innalzano da terra almeno eighty miles high, esalando poi in attimi di sospensione ove i motori psichedelici della band si chetano in quota ricadendo giù in picchiata cosmica, in barba alle evoluzioni pindariche del Barone Rosso (uh!), considerando che il pathos resta vibrante, intatto e very deep nella tremante, sbrindellata carlinga.

Covention Prevention va a spasso con spudorata e felice vena a galoppo dell’arcobaleno, scalando sull’ottimo basso, e sulle acusticaggini in rilievo di scorrimano, ottenendo da Lee un assolo che imprime la fondante (e fondente) legge sul ritmo, tutti per uno e uno per tutti, constatando la buona concordanza di intenti.

Turned Off T.V. Blues ricuce i TYA ai miti del passato, rivisitando anche la verve sonora degli esordi, componendo un blues di maniera, sottostando comunque alla velocità di Lee, mentre Leo Lyons e Ric Lee gli fanno metodico quadrato attorno.

La stratosferica Standing At The Station viene irrigata dall’inestimabile tastierismo di Chick Churchill e la banda danza, piuttosto che suonare, o forse siamo noi a sublimarci nel ritmo, sputando fuori dagli ampli la notevole scansione in forma iperrock, goduria celeste di vino sballucinogeno.

“Rock & Roll Music to the World” pone in primo piano un gruppo che da il meglio di sé, dalla coppia formidabile in perfetta sintonia Lyons-Lee, alle sperimentazioni synth di Churchill – che influenzano notevolmente il mood del lavoro – nonostante Alvin Lee perfezioni al meglio le fantasiose trame chitarristiche, consacrandosi, over the rainbow, magico guitar hero.

You Can’t Win Them All apre il lato B del disco e la vena stonesiana coinvolge a ruota libera, memore dei loro connazionali che per l’occasione mettono a disposizione il Rolling Stones Mobile Studio, gloriosa saletta di registrazione che ha visto calcarne gli interni da altrettanti illustri ospiti (Lou Reed, Bob Marley, i Fleetwood Mac, i Deep Purple, Dire Straits, Led Zeppelin, Carlos Santana, Simple Minds).

Religion spacca in due il pure ravvisato divertissment precedente e sciabola duramente un testo più che sensato, tra i migliori dei TYA, impelagandolo nella sequenza sonora dominante, indorando ogni passaggio della lirica con vellutata fantasmagoria, rilucendo da dietro il passionevole vetrino affumicato, presi da visioni incantevoli in rassegna.

Choo Choo Moma attacca la spina industriale dell’elettricità e dal golfo mistico si esorbita sulla ribalta infasciati dalle intermettenti luci ultramega-svalvolanti, spiccando la piccante potenza del groove, dando vita ad una festa lunga un ‘x sempre’.

Tomorrow I’ll Be Out Of Town parla ancora la lingua Stones e ne siamo più che felici che i TYA sappiano deviare, come solo loro sanno fare, la irrefrenabile frana di pietre direttamente sul minimalismo del loop a venire proprio di un futuro reiterato, spingendo invece i piedi sull’acceleratore da tutti i pizzi disponibili, i quali animano la dissennata compagine.

Siamo ancora a tutta birra British Blues e suonando dentro i peggiori stars’n’bars della vecchia (se dire ‘storia’ ha ancora un significato, ovvio…) New Orleans!

L’album celebra una band che sta sul pezzo con tutti i santi crismi, spendendo quel credito accumulato presso i suoi fans – giusto ora! – nel momento del bisogno, facendo del mestiere arte vissuta.

L’omonima sfasciante track sigilla un disco volante tagliente come una sega dalla dentatura che se ne infischia del mezzo, o poco meno, secolo passato, perché come ho detto all’inizio…  i 45 minuti di questo 8° album per i TEN YEARS AFTER, targato 1972, stappano ancora troppo bene i padiglioni auricolari… e a mezzanotte si festeggia così l’avvento del 2020, brindando col botto!

Auguri to the WORLD!

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