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Matteo Severgnini, “la Donna Della Luna – La Prima Indagine Del Detective Privato Marco Tobia”.

Matteo Severgnini, “la Donna Della Luna – La Prima Indagine Del Detective Privato Marco Tobia”.: Editrice: Meridiano Zero, di Odoya. Anno 2018. Di imminente uscita. Un giallo. Uno scrittore...

Matteo Severgnini, “la Donna Della Luna – La Prima Indagine Del Detective Privato Marco Tobia”.

Editrice: Meridiano Zero, di Odoya. Anno 2018. Di imminente uscita.

Un giallo. Uno scrittore che orbita nel noir. Matteo Severgnini inventa un nuovo personaggio, qui alla prima comparsa investigativa, Marco Tobia, per una vicenda ambientata in territorio novarese, precisamente sul lago d’Orta, visitando alcune località rivierasche e centralmente l’isola di San Giulio.

Lo scrittore non è nuovo alla letteratura di genere, da più di vent’anni scrive racconti e romanzi; è anche autore radiofonico e collaboratore di trasmissioni on air, nonché volontario, coordinatore e insegnante della “Luigi Giussani High School” di Kireka – Kampala (Uganda), legata indissolubilmente e amorevolmente alla storia di Rose Busingye e alle “Donne di Rose”, al cui link ci si lascia il cuore attaccato.

Il book, 225 paginette, che uscirà per la Meridiano Zero, branca dell’Odoya Editrice, ci trasporta nelle trame ben ponderate che il protagonista si trova ad elucubrare essendo stato ingaggiato da una bella signora di mezza età, esponente dell’alta borghesia, disperata e disposta a far luce sulla scomparsa del fratello, di cui ne esclude, con provata ragionevolezza, l’ipotesi di suicidio per annegamento, avversando il giudizio della polizia che così archiviò il decesso.

L’esistenza dell’ex poliziotto, ora detective privato, lo ritrae abitante dell’isola di San Giulio, solitario, riservato, circondato da pochi buoni amici e da un’amante, intento a combattere i propri fantasmi tra gli spasmi e i tic ripresentatisi a causa del riacutizzarsi della sindrome di Tourette che lo afflisse da bambino, tempo al cui la patologia era sconosciuta, procurandogli allora come oggi, seri e notevoli disagi psicologici.

Indeciso se accettare l’incarico, viene coinvolto dagli eventi che praticamente gli si tuffano addosso a pesce, cascando inevitabilmente a pie’ pari nella rete delle circostanze, risolvendosi quindi di afferrare saldamente le redini e far chiarezza sul caso che scoprirà delittuoso.

La trama si sviscera in territorio prealpino, detto cusiano, Tobia, però, unendo l’utile al dilettevole, va anche fuori porta (a Parigi e sulle pendici del Monte Rosa) in cerca dei testimoni apparsi sulla scena del morto, inanellando pian piano successi che, il suo fiuto nel seguire piste e l’impiego di savoir faire psicologico utile per sottrarre informazioni, tipici di un furbo investigatore degno di nota, gli permetteranno di riavvolgere tutta la matassa e dare senso compiuto alla misteriosa storia, tentando altresì azzardi e rare scorrettezze.

Scontroso, burbero, ma dal cuore tenero, Tobia prova a convivere con la malattia stando sotto le cure di un bravo psicologo, prendendo farmaci e fumando marijuana per scopi terapeutici; pratica quest’ultima che contrasta sia con l’opinione del fido amico Anselmo, traghettatore e solitario anch’egli, sia dell’amico Scuderi, l’ex collega che per sbaglio, durante un’operazione di polizia, si beccò una sua pallottola rea di invalidarlo a vita sulla sedia a rotelle (fattaccio che destituì Tobia dall’Arma consegnandolo al traumatico rimorso per l’amico).

Il romanzo illumina principalmente la personalità del Tobia e gradatamente quella dei suoi amici e dei personaggi che lo attorniano, evidenziandone le particolarità che variamente caratterizzano ognuno.

La vicenda è inserita nel quotidiano di tal meraviglia turistica, colta nel bel pieno della calda stagione, descrivendone la zona, gli scorci, allestendo una quasi sorta di pro-loco narrativa che scivola parallela agli episodi, immersi in cotanto delizioso ed incantevole paesaggio!
Adagiati dolcemente nella scenografia, che fa da sfondo e cornice, Matteo Severgnini detta un ritmo narrativo complessivo, non privo di sprazzi d’ironia, che per la prima metà del testo è abbastanza pacato e oculato, diventando in seguito incalzante per il precipitare e la concatenazione degli eventi (ne intervengono persino alcuni trasversali) che zampillano vivacissimi, forieri sì di incapocchiati colpi di scena, volti ad infittire di suspense il libro dal suggestivo titolo, “La donna della luna”.

In verità tali donne erano più di una, le scopriremo con dovizia di particolari in una delle trasferte del Tobia, e ci introdurranno in un’epoca passata, storico-antropologica, non tanto conosciuta e che origina, a ben vedere, la storia. Di conseguenza entriamo nella sfera femminile del Severgnini, carpiamo l’attenzione rivolta a considerare e rappresentare le donne che annoverano tinte forti, passionali, segrete, complici… mentre gli uomini appaiono orsi meditabondi, accomodanti, avidi, scaltri.
Inoltre, emergono considerazioni di problematiche estrapolate dal presente, che correntemente sono sulla bocca dei media e delle persone, ad esempio: legalizzazione di droghe leggere, luoghi comuni sugli extracomunitari, stalking, retroscena degli ambienti polizieschi, incidenti sul lavoro, cronaca nera, inciuci finanziari, la corruzione del denaro, i privilegi di ceto, lo sguardo emancipato della donna attraverso l’ottica storica e un pizzico, che mai stona, di gastronomia.

In definitiva c’è buon materiale che il lettore può considerare, nella propria esperienza di lettura, cauto contorno o valido
spunto di riflessione .

Su tutto sovrasta la controversa figura del nostro caro Tobia e la sua morale, spesso silente, che parla finanche in virtù dei suoi atti, riuscendo non sempre condivisibile e plaudente (d’altronde ciascuno ha propri modi e idee); e il bello, forse, dell’intero romanzo è pure questo, intravedere la forte umanizzazione postavi all’interno.

 

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1 Comment
  • Avatar
    Bob Accio
    Posted at 16:10h, 18 Aprile Rispondi

    Oops! Arriva or ora una fresca smentita dall’autore, Matteo Severgnini, per mano della deliziosa voce dell’Odoya riguardo ad un passaggio dell’articolo: “nonché volontario, coordinatore e insegnante della “Luigi Giussani High School” di Kireka – Kampala (Uganda), legata indissolubilmente e amorevolmente alla storia di Rose Busingye e alle “Donne di Rose”, al cui link ci si lascia il cuore attaccato”.

    Non è lui, ma un omonimo!

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