Facebreaker – Dedicated To The Flesh
I Facebreaker hanno pochi ma chiari obiettivi: raccontare le loro storie animate spesso da putride creature antropofaghe e picchiare duro senza fare prigionieri , centrandoli entrambi senza troppi patemi.
I Facebreaker hanno pochi ma chiari obiettivi: raccontare le loro storie animate spesso da putride creature antropofaghe e picchiare duro senza fare prigionieri , centrandoli entrambi senza troppi patemi.
Secondo album per i pisani Disbeliever, alle prese con un gothic metal di buona fattura per quanto, in molti frangenti, fin troppo devoto ai loro numi tutelari Paradise Lost.
Il 1995 fu un anno magico per il death-doom se pensiamo che vide l’uscita di autentiche pietre miliari quali “The Angel And The Dark River” dei My Dying Bride, “The Silent Enigma” degli Anathema e “Draconian Times” dei Paradise Lost.
Gli Sleepwalkers possiedono i numeri per potersi ritagliare uno spazio rilevante all’interno della scena, quindi attendiamo fiduciosi le loro prossime mosse.
Uno split che si rivela, quindi, un’autentica chicca per gli appassionati, oltre che un prezioso e gradito antipasto in grado di lenire l’attesa per le prossime prove su lunga distanza di due band dallo status ormai consolidato.
Thundergod è un disco che va ascoltato con la consapevolezza di trovarsi di fronte a un prodotto che è lontano anni luce da certa musica plastificata e prefabbricata che ci viene troppo spesso propinata
Gli svedesi Pest sono in attività da ormai quindici anni e questo The Crowning Horror, sebbene sia datato 2013 e costituisca solo il loro quarto full-length, effettivamente sembra provenire direttamente dagli anni ’90.
“Doominicanes” è un disco che merita di essere ascoltato e apprezzato, non solo dai doomsters più incalliti.
I madrileni Dark Moor sono sulla breccia ormai da oltre un decennio, nel corso del quale hanno dato alle stampe quasi un full-length ogni anno mantenendo un livello qualitativo medio di tutto rispetto.
I When Nothing Remains puntano direttamente al cuore degli ascoltatori, in virtù di un songwriting in grado di coinvolgere emotivamente senza indulgere in passaggi interlocutori.
Gli Infinita Symphonia vanno ad aggiungersi al cospicuo numero di band tricolori dedite ad un heavy metal dai tratti sinfonici e lo fanno senza sfigurare al cospetto dei nomi più celebrati della scena.
Quando ogni tanto, nello smazzare il materiale che ci arriva, mi imbatto in un disco che esula dai generi che meglio conosco, il problema maggiore è quello di aver poco da raccontare e soprattutto d’essere sprovvisto di adeguati termini di paragone.
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