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Recensione : Starquake – Times That Matter

Ottimo album nobilitato da iniezioni progressive, assolutamente da ascoltare per tutti gli amanti dell'hard rock ed ennesimo colpo vincente della grande famiglia Pure Steel.

Starquake – Times That Matter

Opera quanto mai ambiziosa questo secondo lavoro del polistrumentista bavarese Mikey Wenzel, sorta di Lucassen tedesco che, tramite Pure Rock Records, licenzia questo ottimo Times That Matter, sospeso tra l’hard rock settantiano, il metal classico ed il progressive.

Un concept, un lavoro mastodontico, un altro album d’altri tempi, immancabile nella discografia dei rockers più attempati più in linea con ascolti impegnativi, memori dei lavori dei dinosauri settantiani, ma fresco e fluido anche per i più giovani cultori di musica, affascinati dal collega olandese del musicista tedesco, anche se Times That Matter è molto più immerso negli anni settanta rispetto alle opere dell’ex chitarrista dei Vengeance.
L’album conquista al primo ascolto, forte di questa amalgama di generi che fanno della melodia la loro arma vincente, trascinato da chitarre metal /rock, da un hammond che comanda sul songwriting, e da un ottimo uso di strumenti classici che donano al tutto quell’aurea progressiva, intrisa tra le note composte dal buon Wenzel.
Si parte per questo viaggio nel mondo delle sette note con due brani che riassumono e forniscono subito un’idea del credo musicale del musicista: Scenes From A Revolution e Close Encounter sono due perle di rock settantiano, dove ariose melodie si scontrano con chitarre dall’elettricità metallica, cambi di ritmo, sfumature folkeggianti, ed alzano venti che trasportano la nostra mente tra decenni di musica rock, tra temporali heavy e calda aria proveniente dal prog, lasciando che la suite Rise And Fall, lunga oltre venti minuti e centro di gravità permanente di tutto il lavoro, ci dia la conferma dell’eclettismo del musicista, grazie al suo incedere emozionante nelle sue mille forme espressive.
L’hard rock ed il metal di Here I Go Again e The Needle Lies fanno tornare l’album su livelli più “umani”, anche se le due canzoni lasciano ugualmente il segno, più classica la prima, molto più in linea con suoni moderni la seconda.
La title track è una ballad che dà il via alla parte finale dell’album: lo strumentale Goodbye My Friend, la metallica No More Hate e l’acustica Whatever sembrano indirizzare il lavoro verso una fine più lineare e senza grosse sorprese ma, come d’incanto, si torna al prog rock d’autore con l’ultima, splendida, Fairytale, l’autentico gran finale donato agli ascoltatori dal polistrumentista tedesco.
Bravissimi i musicisti che hanno collaborato con Wenzel e che, di fatto, formano gli Starquake, e bellissima la copertina fantasy in puro stile anni settanta ad opera dell’artista inglese Rodney Matthews.
Ottimo album nobilitato da iniezioni progressive, assolutamente da ascoltare per tutti gli amanti dell’hard rock ed ennesimo colpo vincente della grande famiglia Pure Steel.

Tracklist:
1. Scenes From A Revolution
2. Close Encounter
3. I’m Goin’ Mad (You Comin’-)
4. Here I Go Again
5. The Needle Lies
6. Times That Matter
7. Goodbye My Friend
8. No More Hate
9. Whatever
10. Fairytale

Line-up:
Mikey Wenzel – vocals, instruments, programming

Alex Kugler – guitars
Jan “Donkey” van Meerendonk – drums
Andi Pernpeintner – hammond
Joe Wagner – guitars
Michael “Wopsi” Wopshall – guitars
Corinna Reif – violin
Sandra Wenzel – additional vocals

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