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Recensione : Sonambient – Yonder

Davvero un buon lavoro, nella speranza che il prossimo abbassi impercettibilmente il tiro, per arrivare come una Vera rivelazione a scandagliare le acque più profonde

Sonambient – Yonder

La pianura friulana è da anni al vertice di scene sismiche notevoli e se la musica che ne esce venisse registrata, soprattutto per la varietà di collisione, il grafico riprodotto aprirebbe un archivio storico. Non che il Carso produca un simile effetto per le influenze, ma pur non trovandoci a Glasgow, gli edifici rurali funzionano molto meglio se ben adoperati.

Sonambient ci ricorda il motivo di quest’esuberanza : la tecnica pulita e perfetta, la compattezza del suono e il talento nell’inventare un’armonia perfetta tra ritmo e atmosfera. Non è necessario essere Kode9 per avere un’irrefrenabile spinta nel continuare a produrre tracce superlative, se l’effetto diventa sempre più deep, ovvero narcotico per l’assonanza. Siamo piuttosto sulla strada percorsa da Mad Professor qualche anno fa, non sicuramente nel riciclo odierno in cui tutti possono essere efferati Square Pusher.
Se tuttavia parliamo dell’effervescenza che ciclicamente deve rastrellare le novità dai suoni più obsoleti, ci si può riferire proprio alla tradizione che l’Inghilterra da anni cerca di voler possedere, traendo spunto proprio dai meltin che le stesse colonie potrebbero saggiamente insegnare alla reale corona.
Eclettico come album e fluida come produzione, la cooperazione tra la Megaphone Music e la White Forest Records crea quest’asse furlano–laziale che solo in questa ambivalenza sorpassa la scena Berlinese per essere stimolata da influenze transoceaniche … Baltimora ad esempio dove risplenderebbe notte e giorno la luminosità dello spazio utilizzato a suonare e ascoltare l’intero disco. Un periodo non propriamente torinese porta le tracce di Andrea Buzzi a vivere la scelta di una Torino produttiva e quindi fuori dalla stereotipica movida. In this rainy city infatti riescono soltanto persone con un aurea emotiva speciale a comporre tracce autentiche che ripercorrono la geometria della stessa città, facendo vibrare l’energia che la connota. Le linee di basso rivelano al più mite ascoltatore la vecchia scuola di provenienza, incisive e strutturate, nonostante i Bad Brains non lo rivelino così facilmente (ndr.) Un downtempo riesce a permeare tutto quello che non sembra coesistere nei vari effetti prodotti di broken beats (Miljacka). Sottolineo Pyrite come apertura ossimorica e Toccata (Our Eyes in the Crowd) come gioiello da gustare dopo un primo eventuale singolo, se non già figurato.
YONDERFULL Andrea! davvero un buon lavoro, nella speranza che il prossimo abbassi impercettibilmente il tiro, per arrivare come una Vera rivelazione a scandagliare le acque più profonde, sempre che “Teal still be the colour ” in questa Piccola Torino lattiginosa delle 6 di mattina in zona Aurora.

Tracklist :
1.Pyrite
2.Toccata (Our Eyes in the Crowd)
3.Miljacka
4.In This Rainy City
5.Rails
6.Teal Is The Color

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