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Recensione : My Refuge – A Matter Of Supremacy

In prospettiva i My Refuge hanno ancora margini di miglioramento altissimi, nonostante l'ottimo livello già raggiunto in questo album

My Refuge – A Matter Of Supremacy

L’Italia, a dispetto del consueto disinteresse per i suoni metallici, continua a sfornare band degne di nota, protagoniste alla faccia di chi ci vuole tutti fans di vecchie cariatidi del rock o di pivelli usciti dall’ennesimo talent show, andando ad infoltire il fiero esercito di musicisti che, senza nulla da invidiare a colleghi d’oltralpe, creano musica di spessore in tutti i vari generi di cui il metal/rock si nutre.

Nel metal di derivazione classica è già da un po’ di anni che, con costanza, ci si imbatte in ottimi gruppi dai diversi background e dalle ottime prospettive e i My Refuge ne sono l’ennesima conferma.
Nati nel 2010 e tra vari assestamenti nella line-up, hanno pubblicato due ep, “3407 – Picture of an August Night” dello stesso anno e “Living in Anger” del 2013, per poi firmare per la Bakerteam che ha prodotto l’esordio sulla lunga distanza, questo promettente A Matter Of Supremacy.
Le influenze variano e si intrecciano in un sound che pesca tanto dal power metal teutonico quanto dal metal classico, una spruzzata di prog e melanconiche atmosfere dark fanno il resto, per una ricetta quanto mai succulenta.
Ottimi gli interpreti, iniziando dal chitarrista Mauro Paietta, unico superstite della formazione originale, che si completa con Moz, splendido vocalist dalla voce raffinata e potente in egual misura, oltre a Simone Dettore alla sei corde e alla sezione ritmica composta da Salvatore Chimenti al basso e Valerio Ferrari alle pelli.
A Matter Of Supremacy si rivela così uno splendido primo full-length per la band, fautrice di un metal classico dalle dinamiche power, che sfocia in ottime digressioni prog.
L’anima della band è oscurata da splendide soluzioni dark che conferiscono al sound, stracolmo di melodia, un’aura elegantemente oscura.
Tra le proprie influenze la band mette in primo piano i Crimson Glory del compianto Midnight, e già per questo meritano un plauso (non ricordo infatti una sola band che abbia mai citato uno dei gruppi più importanti del metallo nobile ottantiano), ma tra i solchi del loro lavoro che, chiariamolo, è tutto fuorché un disco old school, troviamo anche il power teutonico più epico (Blind Guardian) ed il prog/power metal di scuola italiana (Vision Divine, Labyrinth), per quasi cinquanta minuti di musica sopra le righe.
Ottime le prove dei due chitarristi, così come l’eccellente operato del vocalist, che si siede di diritto tra i vocalist messisi maggiormente in luce negli ultimi due anni di musica metal nel nostro paese.
Batterista e bassista si distinguono da par loro con una prova energica e tecnica allo stesso tempo e l’album se ne giova, anche con una produzione in linea con il sound prodotto dal combo.
Tra le ottime canzoni che compongono quest’opera metallica segnalo la stupenda The Raven, l’opener A Storm Is Coming, la super metallica Somewhere e l’intricata This Wall.
In prospettiva la band ha ancora margini di miglioramento altissimi, nonostante l’ottimo livello già raggiunto in questo album; date una mano alla scena e supportate realtà convincenti come i My Refuge.

Tracklist:
1.A storm is coming
2.The cage
3.Calling in the wind
4.Endless night
5.Living in anger
6.This wall
7.The raven
8.Empty room
9.On wings of wax
10.Somewhere

Line-up:
Moz- Vocals
Mauro Paietta – Lead Guitar
Simone Dettore – Lead Guitar
Salvatore Chimenti – Bass
Valerio Ferrari – Drums

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