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Live Report: Tame Impala @ Mojotic’13

IYEzine è stata al Mojotic festival di Sestri Levante (località della nostra beneamata riviera ligure di levante, per chi non lo sapesse, spero nessuno), per seguire il concerto dei Tame Impala, il 13 Agosto, grande appuntamento per questa edizione 2013, dopo gli eventi che hanno visto protagonisti i Baustelle, Daughter, Willy Mason, Adam Green, e la Shhh! Silent Disco.

Live Report: Tame Impala @ Mojotic’13

Vorrei innanzitutto spendere due parole per il festival nel suo complesso, che ha ormai raggiunto una certa dimensione e una sua stabilità nel panorama rivierasco, ed è ormai una delle migliori iniziative che contribuiscono a rendere davvero viva e giovane la riviera, iniziative di cui purtroppo a mia memoria essa è sempre stata abbastanza povera, vuoi ad esempio per il mancato appoggio dei comuni o sponsor, le proteste di una popolazione avanti negli anni, la mentalità di chiusura ligure e la volontà di limitare al meno possibile le “grane”, perchè tanto i turisti in riviera ci vengono lo stesso, e siccome non sono perlopiù giovani non interessa promuovere certe iniziative. Presentatavi la situazione, ecco dunque che il nostro Mojotic si erge e splende come una luce di speranza, che possa continuare e magari anche ingrandirsi sempre di più in futuro. Perchè l’organizzazione è buona, c’è gente che ha voglia di fare bene e far divertire il pubblico, mettendo tutti d’accordo ed evitando i contrasti e le polemiche che altri eventi come la storica e tanto chiacchierata “hanoa hanoa” hanno generato negli ultimi anni, perché le location scelte si prestano molto bene, il pubblico è educato e la proposta vincente. Questa quinta edizione segna inoltre una netta crescita, un salto di qualità, rispetto alle precedenti edizioni, per le dimensioni e la portata degli eventi proposti.

Ancora un piccolo commento sulla location, perché è davvero incantevole…ci sono stato non so quante volte, ma ad ogni nuova occasione in cui mi trovo lì non posso fare a meno di provare la stessa emozione…sto parlando della Baia del Silenzio, in fondo alla quale si trova l’ex convento dell’Annunziata. Una location perfetta per eventi di medio-piccola grandezza, nel cui cortile interno con terrazza rialzata sul mare, è stato allestito il palco. È impossibile a mio giudizio arrivare lì e non innamorarsi del posto, come ha più o meno detto lo stesso frontman della giovane band australiana, affermando sicuramente con un po’ di adulazione, ma anche con un po’ di sincerità a parer mio, che per loro è uno dei posti più belli al mondo, e che è stato bellissimo poter trascorrere la giornata al mare e suonare lì accanto la sera…

Ma veniamo al concerto, scusate se mi sono dilungato, ma ci tenevo a parlarvi di queste sensazioni che quella zona mi evoca, dovute ai tanti ricordi dei mesi estivi trascorsi da quelle parti…
Per non sembrare un po’ ipercritico ad alcuni strenui difensori della band, ci tengo a dire che i dischi dei Tame Impala mi sono piaciuti molto molto, sia “InnerSpeaker” che “Lonerism”, inseriti anche nella mia toplist dei dischi del 2010 e 2012. Secondo me gli australiani sono davvero meritevoli, perchè riescono bene a coniugare tutto il filone dell’hypnagogic pop e gli appetiti indie del giovane pubblico, con una ricerca sonora molto radicata nel rock psichedelico (tant’è vero che prima dei Tame Impala, o meglio prima di “InnerSpeaker”, Parker & soci erano cresciuti nella lontana Australia a pane e psichedelia seventies).
Però a seguito della loro esibizione non posso certo dire che la giovane band si collochi nella mia toplist dei concerti dal vivo… Direi che i Tame Impala si prendono una piena e meritata sufficienza, ma non troppo di più: è innegabile che hanno dei suoni davvero particolari e fanno un tipo di musica che a me piace molto, così affondata nella psichedelia e costituita da un muro sonoro di synth e chitarre, contaminata da un’influenza pop sempre più marcata. Purtroppo nel complesso la performance ha avuto, secondo me, alcune carenze, un pochino troppo evidenti per una band che ormai stà passando dallo status di gruppo emergente a quello di gruppo di prima fascia, riassumibili se vogliamo in tre “pecche”, che hanno un po’ macchiato una altrimenti grande performance.
Innanzitutto, eccetto vari momenti davvero molto buoni e coinvolgenti, ad un timido Kevin Parker e alla sua band è mancata secondo me un pochino di presenza scenica; nella mia aspettativa (ma forse questa cosa è legata alla mia personale aspettativa che mi ha un po’ fregato) una band del genere avrebbe potuto avere un maggiore impatto espressivo: il pubblico era caldo e la performance ottimamente accompagnata da splendidi visuals psichedelici, e mentre in alcuni pezzi i ragazzi ci hanno davvero messo del loro, creando un suono avvolgente, prolungando e variando il brano, in altri è sembrato quasi che i brani venissero riprodotti in maniera un po’ più “impersonale”.
Inoltre, la legge dice che dal vivo non si scappa, cari miei, si vedono sia l’estro e le doti dei musicisti ma anche vengono fuori i punti deboli…così emerge purtroppo che la voce di Kevin Parker è troppo carente, a volte è sembrato quasi non farcela, in particolar modo in Feels Like We Only Go Backwards, una delle tracce più attese e rivelatasi la peggiore della scaletta. Però la cosa mi lascia alquanto perplesso, perché riascoltando la discografia, le prime ottime prove (i demos e il loro primo EP) erano caratterizzate da un suono e una voce più potente, con una psichedelia più vicina al rock e meno al pop, rispetto ai recenti sviluppi, dove all’ammorbidirsi del suono, più colorato e con più attenzione alla narrativa, si è ammorbidita anche la voce, divenuta quasi femminile, che dal vivo è risultata in affanno e comunque non all’altezza dell’espressività della musica.
In ultimo, per riassumere e chiudere un po’ queste considerazioni, che per inciso nulla vogliono togliere al valore della band australiana, mi trovo costretto ad affermare che i Tame Impala rendono meglio su disco, dove il “labor limae” di produzione riesce a rendere il suono più pulito e avvolgente, mentre per loro c’è ancora da lavorare per rendere le esibizioni dal vivo all’altezza delle loro ottime e particolari produzioni.

I Tame Impala hanno scelto per l’esibizione una continua alternanza tra i brani di Lonerism e InnerSpeaker, saltando di qua e di là tra l’album di debutto, di passaggio da rock psichedelico a pop ipnagogico, dove queste caratteristiche convivono in maniera molto interessante, e Lonerism, che segna una svolta più netta in direzione pop. Il concerto si apre sulle note di Why Won’t You Make Your Mind, da “InnerSpeaker”, seguita immediatamente da Music To Walk Home By. Un buon inizio, e l’alternanza procede con Mind Mischief – Solitude Is Bliss, la prima più leggera e colorata, la seconda più potente con le sue scariche di chitarre distorte, e in seguito troviamo una buona Keep On Lying.
La sensazione è che con il binomio Half Glass Full Of Wine e Elephant, in successione, avvicinandoci alla metà del concerto, la band da Perth si spari le proprie cartucce migliori. Questo binomio costituisce il momento più coinvolgente della serata, dove si vedeva tutto il pubblico davvero trascinato dai ritmi più veloci, distorsioni potenti e cascate di synth, soprattutto nella lunga e bellissima Half Glass Full Of Wine, il pezzo più roccioso della serata, in cui la progressione in climax culmina in estatiche cascate di synth. Questo pezzo, un vero e proprio cavallo di battaglia, addirittura risale al self-titled EP d’esordio di cui abbiamo parlato poco fa, ed è stato quasi sempre inserito nei concerti, perchè è una vera bomba. Quanto a Elephant invece, è un coinvolgente ed incalzante concentrato d’energia che entra nella testa e non può non far muovere il pubblico.
Con la successiva Be Above It viene fuori anche un po’ di elettronica, in un ottimo connubio con la psichedelia pop, un viaggione, dove su un ritmo incalzante si innestano tappeti di synth e successive piccole esplosioni. In seguito i Tame Impala vogliono decomprimere un po’ l’ambiente, con un lungo interludio strumentale in cui vengono fuori gli Air ed altre influenze più propriamente dream pop.
Della deludente Feels Like We Only Go Backwards abbiamo già parlato, perciò saltiamo a Desire Be Desire Go, altro pezzo ormai storico e sempre bello della band.
Ci avviamo verso la conclusione, e troviamo ancora l’accoppiata formata dalle coloratissime Alter Ego e Apocalypse Dreams.
Come da ormai inscalzabile abitudine, la band esce sapendo già che verrà presto richiamata sul palco, perchè il pubblico è assetato e francamente una performance da un’ora e un quarto sembra pochino agli occhi di tutti, perciò si prosegue per un’altra ventina di minuti con due brani riservati alla chiusura ancora estratti da InnerSpeaker, ovvero It Is Not Meant To Be e Nothing That Has Happened Has Been Anything We Could Control.

In conclusione, mi sento di fare i miei complimenti ai Tame Impala perchè sono un gruppo promettente e con delle ottime idee, e di fare un plauso e un incitamento a continuare così agli organizzatori, perché non è così frequente dalle nostre parti vedere eventi del genere, perciò un arrivederci a presto al Mojotic Festival!

Sono riuscito a prendere una buona parte della tracklist, purtroppo qualcosa manca, e chiedo scusa per questo…grossomodo però la band ha seguito questa scaletta:
Why Won’t You Make Up Your Mind?
Music To Walk Home By
?
Mind Mischief
Solitude Is Bliss
?
Keep On Lying
Half Full Glass Of Wine
Elephant
Be Above It
?
Feels Like We Only Go Backwards (non ricordo la posizione precisa nella scaletta)
?
Desire Be Desire Go
Alter Ego
Apocalypse Dreams
——- dopo la chiusura, richiamati sul palco:
It Is Not Meant To Be
Nothing That Has Happened So Far Has Been Anything We Could Control

Alcuni ascolti:

I Tame Impala sono:
Kevin Parker
Jay Watson
Dominic Simper
+
Cam Avery
Julien Barbagallo

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