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Recensione : Dare – Sacred Ground

La ricetta dei Dare sembrerebbe elementare: melodie a profusione, capaci di imprimersi con un certo agio ma difficilmente rimuovibili, sintomo di quella profondità che fa tutta la differenza tra un motivetto orecchiabile ed una canzone dall’elevato spessore artistico.

Dare – Sacred Ground

In ambito hard rock melodico ci sono una manciata di band in grado di mettere tutti d’accordo, per la qualità della loro musica, sicuramente, ma anche per la credibilità consolidatasi nel tempo di interpreti quali Darren Wharton, per esempio.

Proprio quest’ultimo, con i suoi Dare, è sulla breccia da circa trent’anni, fin da quando, finita l’esperienza con i Thin Lizzy, decise di esplorare il versante più sentimentale e romantico del rock.
Già autori di album splendidi come Out of the Silence, Calm Before The Storm e Beneath The Shining Water, i Dare, così come i loro dirimpettai Ten (con i quali il collegamento viene ancor più naturale vista la presenza in questo lavoro del loro ex-chitarrista Vinnie Burns), non desistono dall’intento di ammaliarci con armonie suadenti, capaci di combattere “il logorio della vita moderna” donandoci tre quarti d’ora di ottima musica.
Nonostante la mia propensione per le atmosfere più cupe ed opprimenti, ho sempre apprezzato la band di Wharton fin da quando la osservai dal vivo, parecchi anni fa, di supporto a Paul Di Anno: in quell’occasione fui folgorato, piuttosto che dal simpatico reduce maideniano, da quel cantante praticamente mio coetaneo che, seduto alla sua tastiera, sciorinava in successione brani splendidi con una semplicità disarmante.
In fondo la ricetta dei Dare sembrerebbe elementare: melodie a profusione, capaci di imprimersi con un certo agio ma difficilmente rimovibili, sintomo di quella profondità che fa tutta la differenza tra un motivetto orecchiabile ed una canzone dall’elevato spessore artistico.
Quest’ultimo lavoro (il settimo), intitolato Sacred Ground, non delude e si pone anzi come uno dei punti più alti della carriera della band britannica, con i suoi undici brani di elevato valore complessivo che, per chi ha in uggia queste sonorità, potrebbero avere il solo difetto di apparire troppo uniformi, essendo sostanzialmente privi di particolari variazioni ritmiche o altri artifici, badando essenzialmente a colpire il cuore dell’ascoltatore.
Brani come I’ll Hear You Pray, Days Of Summer e You Carried Me elevano lo spirito ma non scacciano del tutto quella malinconia che si pone quale substrato della poetica di Wharton: il ruolo dei Dare è quello di procacciatori di emozioni, specialmente quelle che sembrano appannaggio di un modo di sentire lontano nel tempo (rappresentato al meglio dalla commovente Along The Heather, magnifica canzone di chiusura dell’album) e a rischio di obsolescenza, specie in un’epoca che vede un’escalation inarrestabile di ferocia ed ottusità.
Saranno le anime sensibili, quindi, a salvare il mondo dalla sua inarrestabile deriva? Purtroppo no, ma lo renderanno un luogo migliore finché il fato ci consentirà di calpestarne il suolo e, in tal senso, un sentito ringraziamento ad artisti della levatura di Darren Wharton è doveroso …

Tracklist:
01. Home
02. I’ll Hear You Pray
03. Strengh
04. Every Time We Say Goodbye
05. Days of Summer
06. On My Own
07. Until
08. All Our Brass Was Gold
09. You Carried Me
10. Like The First Time
11. Along The Heather

Line-up:
Darren Wharton – Vocals & Keyboards
Vinny Burns – Guitars
Kevin Whitehead – Drums
Nigel Clutterbuck – Bass

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