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Recensione : My Dying Bride – Feel The Misery

"Feel the Misery" ricolloca i My Dying Bride al posto che loro compete, ovvero quello di guida e riferimento per chiunque si cimenti un settore musicale che fornisce linfa e nutrimento spirituale a quel nugolo ben nascosto di anime sensibili, romantiche ed inquiete.

My Dying Bride – Feel The Misery

L’ennesimo album (il tredicesimo, per l’esattezza) di una delle band che, in un modo o nell’altro, ti ha accompagnato per oltre un ventennio lungo i tortuosi sentieri dell’esistenza, è sempre un appuntamento al quale si giunge tra speranze e timori equamente suddivisi.

Dover parlare dei My Dying Bride cercando di restare obiettivo diventa così per me piuttosto difficile: sembra ieri quando, con una video camera in super 8, riprendevo le prime espressioni e la beata inconsapevolezza di mia figlia appena nata, con quel capolavoro di “The Angel And The Dak River” come sottofondo musicale.
Dopo vent’anni e tanta vita e troppa strada alle spalle, ritrovare Stainthorpe e soci nuovamente all’altezza dei fasti raggiunti in quei tempi è stata una gioia che va ben oltre il mero aspetto musicale.
Non posso negare che, ormai da circa un decennio, i My Dying Bride erano diventati più un caro ricordo di gioventù piuttosto che una band capace di accompagnarmi quotidianamente: altri erano i nomi che in ambito doom li avevano soppiantati nelle mie preferenze, riuscendo a comunicarmi le dolorose emozioni che i maestri di Halifax parevano non essere più in grado di riproporre con la stessa forza evocativa.
Feel The Misery ricolloca i nostri al posto che loro compete, ovvero quello di guida e riferimento per chiunque si cimenti un settore musicale che fornisce linfa e nutrimento spirituale a quel nugolo ben nascosto di anime sensibili, romantiche ed inquiete.
Sarà probabilmente un caso, ma il ritrovamento di una configurazione più o meno simile a quella dei tempi d’oro pare aver concorso non poco alla riuscita dell’album: il ritorno in formazione di uno dei fondatori, il chitarrista Calvin Robertshaw, unito al consolidamento di uno Shaun Macgowan splendido protagonista con il suo violino (e sorta di reincarnazione del Martin Powell che fu …), contribuiscono a ricreare quelle atmosfere che rimandano direttamente all’ultimo decennio del secolo scorso, quando la gotica decadenza dei MDB era un marchio di fabbrica magnifico ed indelebile.
And My Father Left Forever, posta in apertura e in tutti i sensi traccia apripista dell’album, fuga subito ogni residua perplessità relativa all’ispirazione dei nostri: l’incedere dolente e melanconico del sound e il tipico timbro vocale di Aaron equivalgono ad una sorta di agognato ritorno a casa dopo una prolungata assenza, al riappropriarsi di un qualcosa che si è sempre sentito proprio ed oggi tirato a lucido dopo essere stato ricoperto per diverso tempo da un velo di polvere.
La differenza, in Feel The Misery, la fa la ritrovata capacità dei My Dying Bride (già parzialmente esibita in “A Map of All Our Failures”) di proporre un lotto di brani relativamente fruibili, pur nel consueto ambito plumbeo.
Il vocalist alterna la sua consueta, ma unica, voce sofferente ad un growl sempre convincente, ergendosi a protagonista nel contesto di un lavoro comunque d’insieme, nel quale ogni musicista pare davvero offrire il meglio di sé senza il bisogno di dover strafare.
Se l’opener è un brano magnifico, non si può che dire altrettanto della successiva To Shiver in Empty Halls grazie ad una linea melodica portante di grande impatto, mentre A Cold New Curse e Feel the Misery appaiono quasi complementari nel loro incedere coinvolgente ma, invero, piuttosto simile, specie nelle parti iniziali.
La seconda metà dell’album è, a mio avviso, ancora superiore a quella che l’ha preceduta: A Thorn of Wisdom è una traccia emozionante, atmosferica e melodica che non può lasciare indifferenti, I Celebrate Your Skin cambia volto in più frangenti, mantenendo quale tratto comune un’esasperante ed inebriante lentezza; I Almost Loved You equivale alla perla “For My Fallen Angel” (da “Like Gods Of The Sun”), con Stainthorpe ed il violino di Macgowan ad edificare muri di lacrime su un toccante tappeto pianistico, mentre Within a Sleeping Forest non è solo l’unica traccia che valica i dieci minuti di durata ma costituisce davvero la chiusura di un cerchio, con il suo forte ed ispirato richiamo alle sonorità dei primi seminali album dei My Dying Bride.
Sinceramente, fatico a smettere di ascoltare Feel The Misery, pur essendo consapevole che per un’altra ora lo smarrimento e lo sgomento di un’anima tormentata saranno la mia sola compagnia.
Ma gli appassionati di doom questo chiedono, nient’altro, e farsi avvolgere nuovamente dal velo della sposa morente sarà un piacere esclusivo riservato a questi fortunati …

Tracklist:
1. And My Father Left Forever
2. To Shiver in Empty Halls
3. A Cold New Curse
4. Feel the Misery
5. A Thorn of Wisdom
6. I Celebrate Your Skin
7. I Almost Loved You
8. Within a Sleeping Forest

Line-up:
Calvin Robertshaw – Guitars
Andrew Craighan – Guitars
Aaron Stainthorpe – Vocals
Lena Abé – Bass
Shaun Macgowan – Keyboards, Violin

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