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Recensione : Av – K – Fracture

Fracture è il nuovo brillante lavoro dello sperimentatore elettronico Anacleto Vitolo, un punto di svolta con un suono più spinto e a tinte cupe, un avvolgente magma denso che emerge dall'oscurità e cattura.

Av – K – Fracture

AV-K è il marchio principale per le produzioni dell’eclettico producer salernitano Anacleto Vitolo, la cui grande creatività trova però espressione anche in vari altri progetti.
Il progetto AV-K è un nome già conosciuto su IYEzine: Anacleto ha infatti realizzato un bellissimo mix per il nostro podcast “IYEcast Guestmix”, era l’episodio numero 12 ed era l’anno 2013, ancor prima del suo full-length d’esordio con questo moniker, chiamato “A Centripetal Fugue”.
Perciò ai più fedeli lettori saranno già note le grandi qualità di questo artista, che giunge con Fracture, dopo una serie di altre uscite, alla sua seconda importante prova su lunga distanza firmata AV-K.

Una frattura, un punto di svolta, un nuovo inizio.
Intanto perchè lancia il progetto Manyfeetunder (Concrete), un nuovo mezzo di espressione che ci auguriamo possa consolidarsi e crescere. Inoltre, o meglio soprattutto, perchè segna un passaggio importante dal punto di vista musicale rispetto ai lavori precedenti, caratterizzati da sonorità più vicine all’ambient-drone. Qui si va sul pesante, e pur mantenendo lo stampo IDM e le influenze industrial-glitch-drone, si introduce una nuova e fondamentale componente, un ingrediente che produce una trasformazione radicale e ben altro risultato, ovvero si vira verso una più corposa techno.

Andando oltre “Torsion”, uscita nel 2013 per Fat Cat Records, il risultato conseguito da Fracture è ottenuto addensando la materia e creando un suono molto più spinto rispetto al passato.
La musica del producer da Battipaglia raggiunge un picco di tensione, si muove nella piena oscurità come un magma denso e viscoso, tra atmosfere cupe e battiti ipnotici, cambi di ritmo e scenario che proiettano verso la rarefazione o l’estrema compressione. Nel laboratorio del malefico dottor Vitolo, il fluido sonoro di lavoro evolve attraverso i macchinari operando passaggi di stato in fasi di diversa consistenza, spillamenti, aumentando la sua vorticità o disperdendosi come una coltre fumosa.
Un lavoro che si immerge ed emerge dalle tenebre, si nutre di ferraglia, è forgiato intorno a un’ambientazione cupa ed evocativa, dove il disco solare non è visibile, dominano le macchine, e a tratti sui monitor ci vengono restituite immagini tremolanti a tinte grigio-nere, come segnali da un futuro apocalittico.

Ogni traccia ha le sue caratteristiche, per certi aspetti contrastanti con le altre, ma anche per questo ben integrate nel complesso grazie alla bravura di Vitolo nel permeare il tutto di un filo comune.
L’opener Prx_Dlt è caratterizzato da una cadenza ossessiva, quasi tribale, su cui si aprono sferzate taglienti, assalti a bordate di basso, e segnali glitchy.
La successiva 2, parte con droni distesi su lande desolate, in crescendo, da cui vengono fuori altri ansiogeni assalti sonori e rifiniture che parlano il linguaggio delle macchine.
L’omonimo brano Fracture segna un punto importante come brano rappresentativo del disco anche a livello contenutistico, con un soundscape ben curato dalla struttura dilatata, su cui si innestano e mescolano mirabilmente gli elementi glitch-drone-noise-battiti, con alcune sorprendenti ed eteree aperture ambientali.
Dopo questa lunga “summa” della title-track, a sancire un taglio netto ci pensa Drag, che da un clima di iniziale sospensione lancia in crescendo una pazza ed estatica cavalcata techno di stampo post-rave dalla cassa dritta ed inarrestabile, talmente veloce da confondersi nel finale e sfumare in quelle stesse atmosfere.
La successiva We, prende in prestito il suono affine all’elettronica inglese più aperta, lo infila in una grotta, lo fa crescere in un mondo a tinte di grigio, con la luce del sole oscurata e intorno solo cemento e metallo; ciononostante, qui si mostra già una significativa apertura rispetto alla riuscitissima cupa cappa delle puntate precedenti.
Morph è invece un’insight nella fucina delle industrie AV-K, dove tra i clangori dei macchinari e un’aria claustrofobica, la fornace produce il magma metallico fuso di Fracture, prendendo in prestito dall’industrial-noise di stampo nordico.
Infine, 1114 è un lungo brano, da ben 16 minuti, una suite di droni eterei alternati a un delirio noise-techno-industrial, che porta a conclusione il disco lasciando per i minuti successivi una sensazione a metà tra straniamento e rapimento in questo suono avvolgente di marchio AV-K.

Fracture è un lavoro nel complesso estremamente coeso, ma al contempo stratificato su varie parti, all’interno dei singoli brani e da un brano all’altro, a formare le facce di un prisma irregolare e che riflette impulsi ed energie a lunghezze d’onda differenti.
Questi fratturati pezzi del puzzle sono di forma, dimensione e proprietà variabili; a delineare un tratto comune sono le cupe atmosfere che permeano tutto il disco, e le strutture affini, tra droni e ritmi ossessivi, sonorità sospese e linee di basso potenti.
In definitiva, AV-K si consolida come un marchio che è molto più di un progetto promettente, e Fracture segna auspicabilmente l’inizio di una realtà importante.

Tracklist:
1. Prx/dlt
2. 2
3. Fracture
4. Drag
5. We
6. Morph
7. 1114

AV-K – Sito Ufficiale

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